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486 arnalda di roca

I montani sentier, la tremolante
Siepe di melarancio e di lavanda
Sveglia i profumi mattinali, e invita
Il gentil capinero, e la festiva
Lodoletta, che trae verso l’aurora;
E di vita cotanta, e da sì cupi,
Pur ora, odii agitata, altro non resta
Che una solinga nuvola di fumo
Che lambe l’acque dove fûr le navi.
Odi uno strido d’aquila, che scende
Mattiniera a la pésca: odi il maroso,
Che frange a gli orli de la ripa, e porta
Un remo, un teschio a la deserta arena:
Altro per l’infinita aura non odi;
Però che eterna è la natura, e nebbia
Vanitosa l’umane ire e gli amori.

     O nepote dei dogi,10 ecco, nel mesto
Porto sì muto d’opere, la stanca
Voga ritorna del Lïon morente;
E l’inclite fantasme a le lor tombe
Riedono, e al sonno su guancial di polve;
Riede, qual si partía da le sue corse
Il bucintoro: — e quello che tu vedi
Vessillo immoto su la bruna antenna,
È la spoglia d’un martire; supremo
Astro, che, pria de la perpetua nebbia,
Ingemmasse di Cipro i firmamenti.