Alzò per l’aure una canzon di guerra,
Cui risponder parea l’impazïente
Annitrir dei cavalli, e la montagna.
E al suolo infisse le cruente picche,
Urla mettea di scherno, e di crudele
Letizia insultatrice ai generosi
Spenti sul campo de la patria.
Donne,
Oh, non guardate, misere!, di quelle
Aste a la punta! chè derisa e lorda
Forse ivi tale sanguina una testa,
Cui ieri ancora al mattutino addio
Di figliuole col bacio e di sorelle,
Adorando baciaste, ahi! destinata
A veleggiar; spettacolo di morte,
Del navile ai sublimi alberi in vetta!8
Scende la notte: qualche prima stella
A poco a poco tremolando spicca;
Rompe i sereni al nitido orizzonte
Qualche tacito lampo irrequïeto,
Occhio di luce che si chiude e s’apre
Rapidissimamente.
Oh come cara
Fòra quest’ora, se spuntar fra i rami
Là sull’alto del monte io non vedessi
L’albór di quel nascente astro crinito
A funestarla!
E con qual mai segreto
Discernimento, te lanciava Iddio,
Fuggitivo pel ciel pallido mondo?