Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/462

422 arnalda di roca

Guizzar di lampi da sinistre daghe;
E d’Epíro pei seni, e di Morea,
Qual di chi impreca, si diffuse un grido
Lungo. Ma il vento itera i soffi, e torna
La nave arcana a divorar gli spazi.
Sparve Citera, e le selvette, e i clivi,
Ove tuban le tortori fra i mirti;
Creta sparì con gl’insepolti avanzi
De le cento città; sparve il distrutto,
Sui baluardi fulminanti e negri,
Nido di cristïane aquile, Rodi.
E se un vascello in quell’ora passava
La pianura del mar licio solcando,
Vide sul bianco de le vele un lungo
Ordine d’ombre disegnarsi, e certo
Un senso di sventura attristò l’alme
A’ naviganti.
                         Tra i cornuti scogli
De la cercata Cipro alfin posava
L’impeto e i remi la feral congrega,
E gemendo per l’isola si sparse.
O nepote dei dogi, ove l’arguta
Parola t’abbia di stranier facondo
Le maraviglie de’ tuoi fasti apprese,
Ti rammenti di Cipro?1

                                        Usciva un’alba
Dal limpido Orïente; una di quelle
Liete di luce e di vittoria, ond’era
Giocondata Venezia a’ dì beati.
La reina del golfo assunse i veli
Di corallo trapunti, e la ghirlanda