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i sette soldati. 327


XI.

     » E il tradimento rinverdì la pianta
Selvaggia del patibolo che cresce
Nei giardini d’Asborgo. Era nel tempo
Dei novi geli, quando
Da la mia terra a schiere
Repubblicane parton le cicogne
Abbandonando il culmine dei tetti
Ospitali, dal fido
Lor nido benedetti. Era un mattino:
E a me che un colle discendea sui primi
Albór, già si pingeano in lontananza
D’Arad le torri, il vallo, il rivellino,
E lungo il vallo non so qual sembianza
Di palchi eretti, e di scavate fosse.
Ma poscia che il crescente
Raggio si tinse d’un color di rame,
Tutta m’apparve all’atterrita mente
Scoverta l’opra de la notte infame.
Eran tredici tombe: era un filare
Di nove forche. Il frale16
D’otto martiri, ormai livido e nero,
Pendea dal trave. Un’ultima figura
Lenta salir le desolate scale
Vidi, e una corda, e un fiero
Dibattimento di convulse forme.
Gli altri dal piombo fulminati, in terra
Giacean come chi dorme.
Qual dïanzi sparite
Eran dall’orizzonte