Vinte e calpeste; lampe
I casolari in vampe;
E testimoni a quel festin di forti
Qua e là pel campo i cumuli dei morti.
X.
Ma contro il dritto, la virtude, e il Dio
Ungarico, la vile onnipotenza
Del numero prevalse e il tradimento.
Mendico imperïale,
Lagrimando, la man perfida tese
Il fanciul Lorenese,
Chiedendo al boreale
Sire la pronta carità di cento
Mila Cosacchi, e l’onta.
Solcâr le nevi, scesero dai monti,
Lande varcâro e valli,
Fêr su le travi dei deserti ponti
L’unghia sonar dei sarmati cavalli
Quei tetri servi; e il cuspide piantâro
De le lor lance freddamente in core
Al moribondo popolo magiaro. —
Saliva per la terza
Decima volta il sol d’agosto al sommo
Arco dei cieli, e con ardente sferza
Batteva le profonde
Fratte e i burroni del fatal Vilago;12
I grappoli di menes, e il Mariso
Che travolgea nell’onde
Sabbie dorate e lagrime di prodi;
Battea sull’uniforme