Sopra gl’irsuti crini
Del Cosacco selvaggio
Lungo la riva, ove peccò Medea;
Traendo in suo passaggio
Ribelli mormorii da le campane
Dei villaggi boemi,
Note di sdegno in liberi poemi
Dall’arpe lituane.
E, magnanimo alfiere,
Già uscía con lo spiegato
Vessil de la risorta aquila bianca
Il patrizio gemmato cavaliere:
E apertamente con fraterna voce
Intorno a sè da gli ampi
Predii invitava la mutabil plebe
Curvata in su la croce
Ereditaria dei sudati campi.
Ma un livido canuto,9
D’oro carico e d’anni e più di colpe,
Con pupilla di volpe
Vigilando scrivea ne la ferale
Reggia de la tedesca
Sodoma imperïale.
Nè de la penna intinta
Nel sangue de la gente
Posava mai insidïoso moto.
Ed era l’alma sua quasi morente
Faro che guizza da un infausto porto
In riva a un mare morto.
Egli credeva, ghibellin fatale,
D’aver sepolta viva,
Come antica vestale,
La libertà dei popoli, nel fondo