Qual di chi sta per piangere, e non vuole,
«Questi a Tarnovo, la città funèbre,
Da antichi di Polonia avi gagliardi
La sfortuna sortía del nascimento:
E pur sin da la cuna
Una corona gli arridea di conte.
Ma non appena incominciò per lui
Il giovanil festino,
In cui novizia audace
La pubertà si piace;
Truce conviva gli sedè di fronte
Lo spettro di Caino.
A que’ dì da la Vistula a la Sava8
S’era diffuso il fremito d’un verbo
Eccitator, compreso
Tra le famiglie de la gente slava.
E nel lor cielo, che parea sereno,
Di qua di là splendea
Qualche improvviso liberal baleno.
Come di notte stando a la pianura
Vedi talor del monte
Sopra la faccia oscura
Di loco in loco vagolar dei lumi
Che son portati, e par che vadan soli;
Non altrimente là per quella immensa
Vastità di contrade tenebrose
Scorrevano facelle
Di libertà, recate
Attraverso reconditi sentieri
Da non visti corrieri.
Un’aura nova e calda di congiura
Gonfiava a un tempo i veleggianti lini
Del pescador finlandico, e battea