Erano di famose arti le folte
Città repubblicane,
Come sciame d’industri api ne gli orti
Dell’Ausonia raccolte.
Ivano ai giuochi de le gaie corti
O ai festivi tornei le castellane,
Cinte di trina veneta le spalle
Eburnee: ivano ai balli,
E rifulgean de lo stranier le sale
Di veneti cristalli.
E felice il guerrier, quando mortale
Più la mischia ruggía, se di gagliarda
Corazza proteggea gli omeri e il petto
Temprata su la incudine lombarda;
Chè lui serbava de la sposa al caro
Bacio e al materno tetto
La fedele virtù di quell’acciaro.
Patrizie sete e prezïosi panni,
Tinti ne’ rai dell’iride, tesori
Fruttâro e glorïosi ozi ed orgoglio
A la città del Fiore;
Che vide un re degli ultimi Britanni18
Oro chiedendo al tosco mercatore
Tender la man dal soglio.
E uno strepito lieto, un lieto fumo
Di fervide fucine,
Da valli e da colline
Salíano al cielo liberale: e parve
Fin ne’ placidi chiostri, accompagnata
Da l’uniforme suon de la gualchiera
Più santa la preghiera;
E se invitava a tessere la lana,
Più santa la. campana. —19