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marinare e commercianti 163

De la vallea di Casimira inteste,
O i persici tappeti, e l’auree lane
D’Angora, salvi da le ree tempeste
De lo Ellesponto, ove sovente il flutto
Per cupidigie insane
Fu triste di cadaveri e di lutto.
Esule da Golconda, dove langue
D’amor la baiadera, il dïamante
Fea Rïalto brillar del suo splendore;
E il nitido rubino,
Quasi impietrata gocciola di sangue,
Rutilando ridea sul crin corvino
De le venete nuore...
Ma all’età dei magnanimi perigli
Successero i riposi
Degeneri, i fastosi
Palagi, l’ozio, i carnovali e il sonno. —
Vôlta anch’ella a Orïente, in quell’istesso
Mattin scendea dai pallidi d’ulivi
Amalfitani clivi
Una gagliarda gioventude: l’arme
In su la spalla; il carme
In su le labbra; l’onda
Di fronte immensa; e la baldanza in core.
E intanto la profonda
Mente scrivea dei padri una prudente
Legge che resse la marina gente;10
E porgeva ai nocchieri,
Per governar dei loro alberi il volo,
L’ago fedele nell’amor del polo;11
Perchè nei tempi neri,
Quando notturna infuria la procella,
Scusasse il raggio dell’occulta stella.