Suoi cavalieri. Perocchè la Parca
Sedea con lui su la fuggente biga
De’ suoi trionfi; ed a gli obliqui giorni
Il canape troncò, quand’ei più crudo
Flagellava i corsier de la fortuna.
I dolenti campion lo scellerato
Sire onorar di scellerate esequie.
E discavando con l’opra di mille
Itali servi nel petroso letto,
Asciutto per la devia onda del fiume,
Una sala regale; ivi l’estinto
Posero. E poi che ne le antiche sponde
Il Bussento ricorse, a fin che niuna
Del loco orma restasse, i miserandi
Servi svenâro. Ed echeggiò lo scuro
Bosco di Sila25 ai flebili nitriti
Del corsier d’Alarico, a la piangente
Nota dei corni, al disperato grido
Dei morenti, a le danze, a la sinistra
Malinconia de le canzon dell’Elba.
Ma pria che de gli umani il vïatore
Spirto le terre del!’ occaso allegri,
Sento un Dio che mel dice, Ausonia mia
Rifiorirai di generosa e forte
Vita. E tu, degli alati inni il più bello
Mio pöeta, prepara. La Speranza,
La Carità, la Fede, austere Muse
Dal Golgota discese, a te nel core
Ardono. E al tócco del divin tricordo
Presso gli olmi dell’Adige materno
Le sante ossa dei padri esulteranno.