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84 | VITA DI DANTE |
di moda. Se nel tempo dei guelfi la civiltà italiana fece troppo poco fondamento sull'agricultura, potrebbe dirsi oggidì sia trascorsa all'opposta estremità, e ora mai sia davvero troppo lontana da quel vivere venturoso e intraprendente dei guelfi, che allevò Enrico Dàndolo e Marco Polo e Colombo e Americo.
Dante, essendo possidente d'antica famiglia, studioso, guerriero, e per nulla trafficante, tuttochè nato in Firenze aborriva la mercatura e la banca, e sprezzava «la gente nuova»; sprezzava «i villani che venuti da Aguglione, da Signa e sa Semifonte, dove il loro àvolo andava alla cerca, s'èrano, cambiando e mercando, levati ai sùbiti guadagni ed agli onori della città, della quale deturpàvano i costumi». Quindi il suo cuore fu sempre per gli usi cavallereschi, pieni d'amore e cortesìa; e affettò perfino di sprezzare ogni linguaggio di pòpolo, e lo stesso suo toscano, vantàndosi di scrìvere solo in quella lingua àulica purificata nelle corti e nelle università. Laonde quando fu magistrato di Firenze, quantunque professasse attenersi al giusto mezzo, che allora si chiamava la parte bianca, fu tenuto fautore dei capitani ghibellini. E appena i caporioni neri giùnsero a farlo bandire, egli si gettò affatto coi ghibellini, e scrisse il libro della Monarchia e la Visione, affinchè i guelfi non avèssero più vantaggio di diritto sacro nè di profano. Perlochè fu errore il dir guelfa l'educazione di Dante, e lo studiarsi di tornarlo guelfo prima della morte, e l'attribuirgli quella incòndita versione dei salmi penitenziali, e farlo sepellire coll'àbito di S. Francesco; poichè ben si sa che i guelfi tentàrono di tòrre il suo cadàvere dal sepolcro e àrderlo e dispèrderlo ai venti, come avèvano arso la sua casa e rapito i suoi beni. Così corrèvano i tempi.
Il conte Balbo sembra aver paura di Dante, e riguardarlo come acceso di passioni contagiose e capaci di agitare la nostra età, ch'egli imàgina piena di guelfi e ghibellini. E perciò sta intorno a Dante con mille ansiose precauzioni, come se volesse redìgerlo in usum Delphini. Si faccia pure ànimo il conte Balbo; noi non abbiamo più signori ghibellini, che, ricinti dai roghi dell'inquisizione e attorniati da plebi infuriate a smantellare le loro torri, àbbiano mestieri d'una Visione dei tre