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cessario stabilire prima le loro definizioni, e sapere in che cosa consista la natura del caldo, del lume, del nero, e del bianco, cose tutte difficilissime da investigare, e reputate alla mia debolezza assolutamente inscrutabili, e qui liberamente confesso essere di queste cose ignorantissimo, e piu volentieri pagherei il Maestro, che essere riconosciuto dal discepolo. Di piu osservo, che quando mi fusse proposto un problema geometrico, il quale fusse stato da qualche perito Geometra risoluto, come per esemplo, se uno mi proponesse essere stato fatto un quadrato eguale a una parabola, e fussi interrogato, e ricercato del modo, che quello avesse tenuto per risolvere il problema, io non potrei rispondere altro, che Non lo sò. Questo sò bene, che se avesse osservato quello, che c’insegna Archimede in qualsivoglia de’ duo modi, che egli adopera, allora si sarebbe ottenuto l’intento, o veramente se avesse tenuta la strada inventata dal Signor Galileo Galilei, averebbe parimente risoluto il problema ingegnosamente, o vero, se havesse imitato il nostro mirabile Frà Bonaventura Cavalieri, averebbe ancora ridotto a perfezione quella operazione; e tutto potrei stabilire geometricamente, e dimostrativamente. Ma per essere i modi di risolvere quello, e gli altri quesiti moltissimi, e quasi infiniti, io verrei a restare perplesso e dubbioso, quale di quelli fusse stato eletto per la risoluzione; e così avendo noi il nostro quesito per le mani, come il lume riscalda, e come nel nero sia sepoltura, e prigione, per così dire, di maggior moltitudine di calidi, e di lumi, che nel