Per rinfresco del palato,
Or ch’io son morto assetato. 320Del vin caldo s’io ne insacco,
Dite pur ch’io non son Bacco;
Se giammai n’assaggio un gotto,
Dite pure, e vel perdono,
Ch’io mi sono un vero Arlotto: 325E quei che in prima in leggiadretti versi
Ebbe le Grazie lusinghiere al fianco,
E poi pel suo gran cuore ardito e franco
Vibrò suoi detti in fulmine conversi,
Il grande anacreontico ammirabile 330Menzin, che splende per febea ghirlanda,
Di satirico fiele atra bevanda
Mi porga ostica, acerba e inevitabile.
Ma se vivo costantissimo
Nel volerlo arcifreddissimo, 335Quei che in Pindo è sovrano, e in Pindo gode
Glorie immortali, e al par di Febo ha i vanti
Quel gentil Filicaia inni di lode
Su la cetera sua sempre mi canti;
E altri cigni ebbrifestosi, 340Che di lauro s’incoronino,
Ne’ lor canti armonïosi,
Il mio nome ognor risuonino,
E rintuonino:
Viva Bacco il nostro re!