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tanto avvertire per la longhezza dell’opera, non si sia incorso nel comune errore [di] quasi di tutte l’opere che si stampano, cioè d’alcune scorrezioni, et perché alli lettori è facil cosa ravvedersene, et emendarli, è nondimeno paruto bene il notarli, acciocché per la negligenza d’altri non fusse incolpato l’autore». Nel verso dell’ultima pagina: Stampata in Roma per Antonio Blado d’Assola. Del M. D. XXXV.

Le poche correzioni elencate nell’errata, quasi esclusivamente di sviste tipografiche1, sono in realtá solo una minima parte di quelle che richiede il testo romano, scorrettissimo dalla numerazione delle pagine alla grafia irregolarissima, dagli errori frequenti del compositore all’interpunzione affidata al caso, dalle numerose omissioni all’uso incertissimo delle maiuscole e degli accenti. Ma chiunque abbia pratica di edizioni cinquecentesche, si avvede subito che la stampa del Blado è stata composta su un manoscritto originale, cosí com’era, senza revisione di sorta, salve le arbitrarie modificazioni dei tipografi. Che poi quel manoscritto fosse l’intatta opera di Leone, e non ritoccato da Mariano Lenzi, è un dato di fiducia che bisogna concedere a quest’ultimo, sul fondamento non trascurabile dell’alta e costante coerenza del testo sotto ogni suo aspetto. In un sol caso c’è manifesta interpolazione: a p. 73b del Dial. III, dove si legge: «Coloro chel desiano [di mai nô morire] nô credeno interamête che sia impossibile, hano inteso per le historie legali, che Enoc, et Elia, et ancor’ santo Giovani euangelista sono immortali in corpo, et anima»; e dove quell’et ancor santo Giovanni evangelista (il quale non solo è luminare del Cristianesimo, ma di cui non si poteva certo trovar menzione nelle istorie legali e cioè ne’ libri storici del Vecchio Testamento) non viene certo dalla penna del fedele israelita Giuda Abarbanel, ma da un’interpolazione, si può dir quasi spontanea, del cristiano Lenzi. Nella presente edizione, confortati dalla concorde opinione dei piú autorevoli studiosi2, abbiamo



  1. Due solo ve ne sono di sostanziali: la prima, Clotos in luogo di Chaos a p. 36 a 23 del Dial. II (p. 112, l. 18 di qs. ed.) è stata da me accettata come ovvia; la seconda, de’ sei di in luogo di de’ servi a p. 53 a 4 del Dial. III p. 249 l. 25 di qs. ed.) ho avuto scrupolo di accogliere, perché, se tipograficamente l’errore è comprensibile, la correzione mi ha tutta l’aria di una chiosa.
  2. Solmi, op. cit., p. 27 n.; Gentile, l. cit., pp. 100 n.; Gebhardt, Introd. cit., p. xiv; Saitta, op. cit., p. 91.
Leone Ebreo, Dialoghi d’amore. 28