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516 | lirici marinisti |
VIII
LE FONTANE DI BRESCIA
Ruscello, natural figlio de’ monti,
figlio adottivo a la mia patria vïene,
e per amor si svena in cento vene
e sparte cento vene in mille fonti.
A piú selci, a piú mura empie le fronti,
che gettan per le vie piogge serene,
dove per ribaciar le amiche arene
par che l’acqua dai marmi a terra smonti.
Da l’occhio qui, non dal cammin riceve
la sete il pellegrino; e se a le sponde
discende a ber, del nostro amor s’imbeve;
ché se l’acqua letea l’oblio c’infonde,
il passeggier qui sempiterna beve
la memoria di Brescia in sí bell’onde.
IX
A SIRMIONE
Ognor che del Benaco io vengo e torno
per questa inferïor pendice aprica,
in te fiso le luci, o Sirmio antica,
giá di Catullo mio dolce soggiorno.
Tu, penisola umíl, che sporgi il corno
da la terra e da l’acque a gran fatica,
sí nota sei, mercé la musa amica,
che a piú province, a piú cittá fai scorno.
Quel cigno fu di nominarti vago,
e col nomarti sol fu sí fecondo,
che fece del tuo nulla un’ampia imago.
Cosí ti pose per destin secondo
una striscia di terra in braccio al lago,
una striscia di penna in faccia al mondo.