Osservazioni sulla tortura/XI
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§. XI.
Se la Tortura sia un mezzo lecito per iscoprire la verità.
Mi rimane finalmente da provare, che quand’anche la tortura fosse un mezzo per iscoprire la verità dei delitti, sarebbe un mezzo intrinsecamente ingiusto. Credo assai facile il dimostrarlo. Comincerò col dire che le parole di sospetti, indizj, semi-prove, semi-plene, quasi-prove ecc., e simili barbare distinzioni e sottigliezze, non possono giammai mutare la natura delle cose. Possono elleno bensì spargere delle tenebre ed offuscare le menti incaute; ma debbesi sempre ridurne la questione a questo punto: O il delitto è certo, ovvero solamente probabile. Se è certo il delitto, i tormenti sono inutili, e la tortura è superfluamente data, quando anche fosse un mezzo per rintracciare la verità, giacchè presso di noi un reo si condanna benchè negativo. La tortura dunque in questo caso sarebbe ingiusta, perchè non è giusta cosa il fare un male, e un male gravissimo ad un uomo superfluamente. Se il delitto poi è solamente probabile, qualunque sia il vocabolo col quale i dottori distinguano il grado di probabilità difficile assai a misurarsi, egli è evidente che sarà possibile che il probabilmente reo in fatti sia innocente: allora è somma ingiustizia l’esporre un sicuro scempio e ad un crudelissimo tormento un uomo, che forse è innocente; e il porre un uomo innocente fra quegli strazj e miserie tanto è più ingiusto quanto che fassi colla forza pubblica istessa, confidata ai giudici per difendere l’innocente dagli oltraggi. La forza di quest’antichissimo ragionamento hanno cercato i partigiani della tortura di eluderla con varie cavillose distinzioni, le quali tutte si riducono a un sofisma, poichè fra l’essere e il non essere non vi è punto di mezzo; e laddove il delitto cessa di essere certo ivi precisamente comincia la possibilità della innocenza. Adunque l’uso della tortura è intrinsecamente ingiusto, e non potrebbe adoprarsi, quand’anche fosse egli un mezzo per rinvenire la verità.
Che si è detto mai delle leggi della Inquisizione, le quali permettevano che il padre potesse servire di accusatore contro il figlio, il marito contro la moglie! L’umanità fremeva a tali oggetti, la natura riclamava i suoi sacri diritti; persone tanto vicine per i più augusti vincoli, distruggersi vicendevolmente! La legge civile abborrisce siffatti accusatori, e li esclude. Mi sia ora lecito il chiedere se un uomo sia meno strettamente legato con sè medesimo, di quello che lo è col padre e colla moglie. Se è cosa ingiusta che un fratello accusi criminalmente l’altro, a più forte ragione sarà cosa ingiusta e contraria alla voce della natura che un uomo diventi accusatore di sè stesso, e le due persone dell’accusatore e dell’accusato si confondano. La natura ha inserito nel cuore di ciascuno la legge primitiva della difesa di sè medesimo; e l’offendere sè stesso, e l’accusare sè stesso criminalmente egli è un eroismo, se è fatto spontaneamente in alcuni casi, ovvero una tirannia ingiustissima se per forza di spasimi si voglia costringervi un uomo.
L’evidenza di queste ragioni anche più si conoscerà riflettendo, che iniquissima e obbrobriosissima sarebbe la legge, che ordinasse agli avvocati criminali di tradire i loro clienti. Nessun tiranno, che io ne sappia, ne pubblicò mai una simile: una tal legge romperebbe con vera infamia tutti i più sacri vincoli di natura. Ciò posto, chiederemo noi se l’avvocato sia più intimamente unito al cliente di quello che lo è il cliente con sè medesimo? Ora la tortura tende co’ spasimi a ridurre l’uomo a tradirsi, a rinunziare alla difesa propria, ad offendere, a perdere sè stesso. Questo solo basta per far sentire, senza altre riflessioni, che la tortura è intrinsecamente un mezzo ingiusto per cercare la verità, e che non sarebbe lecito usarlo quand’anche per lui si trovasse la verità.
Ma come mai una pratica tanto atroce e crudele, tanto inutile, tanto ingiusta, ha mai potuto prevalere anche fra popoli colti, e mantenersi sino al giorno d’oggi? Brevemente accennerò quali sieno stati gli usi anticamente, come siasi introdotta, su quai principj fondata, da quai leggi diretta, poi qualche cosa dirò delle opinioni di varj autori, e degli usi attuali di alcune nazioni d’Europa, con che crederò di aver posto fine a queste Osservazioni con un esame generale dei diversi punti di vista, sotto i quali può ragionevolmente riguardarsi un così tristo e così interessante oggetto.