Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo ventisettesimo

Capitolo ventisettesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
Capitolo ventisettesimo
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I mesi di gennaio e febbraio passarono senza altri eventi di maggior rilievo per la famiglia di Longbourn, tranne i soliti diversivi delle passeggiate a Meryton, talvolta nel fango, talvolta col gelo. In marzo Elizabeth doveva recarsi a Hunsford; da principio non aveva preso l’idea troppo sul serio, ma presto si accorse che Charlotte contava sulla sua visita e così anche lei cominciò a pensarci con più piacere e con più certezza. La lontananza aveva accresciuto il suo desiderio di rivedere l’amica e diminuita la sua avversione per Mr. Collins. E poi il viaggio era un cambiamento, e siccome con quella madre e con delle sorelle di così poche risorse la casa non era più molto piacevole, un po’ di novità non era da disprezzarsi. Il viaggio le avrebbe anche dato modo di passare da Jane, e così man mano che si avvicinava il momento di partire, le sarebbe dispiaciuto ogni ritardo. Ma tutto andò senza intoppi, secondo il piano di Charlotte. Elizabeth avrebbe accompagnato Sir William e la sua seconda figlia nella loro visita a Hunsford. Il programma fu reso ancora più interessante, includendo una sosta per la notte a Londra e riuscì quindi perfetto, almeno quanto può esserlo un programma.

L’unico dolore per Elizabeth era di lasciare suo padre, che avrebbe sentito molto la sua mancanza; egli infatti, arrivato il momento della partenza, era talmente desolato di vederla andar via, che le chiese di scrivergli e arrivò perfino a prometterle di rispondere.

L’addio tra lei e Wickham fu assai cordiale, specialmente da parte di lui. La sua nuova conquista non poteva fargli dimenticare che Elizabeth era stata la prima ad ascoltarlo e a compatirlo, a suscitare e a meritare la sua attenzione; la prima che aveva ammirato, e nel suo modo di salutarla, negli auguri che le fece di divertirsi, nel ricordare che cosa si poteva aspettare da Lady Catherine de Bourgh — sicuro che anche in questa, come in tutte le altre opinioni, si sarebbero sempre trovati d’accordo — ci fu una tale sollecitudine, un così sincero interessamento, che le fecero sentire che sarebbe sempre restata legata a lui da una profonda amicizia, e che, scapolo o sposato, egli sarebbe rimasto sempre per lei un ideale di amabilità e cortesia. Né i suoi compagni di viaggio, il giorno dopo, erano fatti per farle cambiare opinione. Sir William Lucas e sua figlia Maria, una ragazza allegra ma vuota come suo padre, non dicevano nulla che valesse la pena di essere udito; li stava a sentire con lo stesso piacere col quale ascoltava il cigolio della vettura. Elizabeth, che si divertiva alle stramberie di tutti, conosceva ormai da troppo tempo Sir William per poter ridere ancora delle sue; egli non aveva più niente di nuovo da dirle sulla sua presentazione a Corte o sull’ottenuta patente di nobiltà, e anche i suoi complimenti erano monotoni come i suoi discorsi.

Il viaggio era appena di ventiquattro miglia, e si misero in via così di buon’ora che giunsero in Gracechurch Street verso mezzogiorno. Quando si fermarono alla porta di Mr. Gardiner, Jane era alla finestra del salotto per spiare il loro arrivo, e andò loro incontro fino all’ingresso ad accoglierli. Elizabeth, spiandone il volto con ansia, fu lieta di vederla piena di salute e bella come sempre. Sulle scale c’era una truppa di maschietti e di bambine, che per l’impazienza non si erano fermati ad aspettare la cugina nel salotto, ma per timidezza, poiché non la vedevano da un anno, non osavano neppure scenderle incontro. Tutto spirava allegria e bontà. La giornata trascorse nel più piacevole dei modi: la mattinata in chiacchiere e commissioni e la sera a teatro.

Elizabeth riuscì a stare un po’ in compagnia della zia. Per prima cosa parlarono di sua sorella; fu più rattristata che sorpresa nel sentire che Jane, sebbene facesse del suo meglio per mantenersi serena, attraversava dei periodi di depressione. C’era però da sperare che diventassero sempre più rari. Mrs. Gardiner raccontò anche i particolari della visita di Miss Bingley a Gracechurch Street, e come Jane dimostrasse ormai di avere, in cuor suo, rinunciato a quell’amicizia.

Mrs. Gardiner canzonò poi Elizabeth per la diserzione di Wickhman, e si rallegrò con lei per lo spirito con cui l’aveva presa.

«Ma, cara Lizzy», soggiunse, «che ragazza è questa Miss King? Mi dispiacerebbe pensare che il nostro amico abbia agito per sola cupidigia».

«Scusa, cara zia, ma che differenza c’è, in fatto di matrimonio, tra venalità e prudenza? E dov’è che finisce una e incomincia l’altra? Il Natale scorso ti inquietavi al pensiero che mi sposasse, ritenendo la cosa imprudente; ora, perché cerca di ottenere una ragazza che ha soltanto diecimila sterline di rendita, vorresti convincermi che è interessato».

«Se mi descriverai che tipo di ragazza è Miss King, saprò cosa pensare».

«È una buonissima ragazza. Non credo si possa dire niente contro di lei».

«Ma lui non se ne era occupato mai fino a quando la morte del nonno non l’ha resa padrona di una notevole sostanza».

«Infatti, perché avrebbe dovuto farlo? Se non era giusto che cercasse di conquistare il mio affetto perché io non sono ricca, perché avrebbe dovuto fare la corte a una ragazza che non lo interessava e che era povera come me?»

«Ma sembra piuttosto indelicato dedicarsi a lei non appena sia venuta in possesso dell’eredità».

«Un uomo che si trova in circostanze difficili non ha tempo di pensare a salvare le apparenze come possono fare gli altri. E se non ci trova nulla a ridire lei, perché dovremmo trovarcelo noi?»

«Il fatto che lei non lo condanni, non basta a giustificarlo. Dimostra soltanto che manca lei pure di sensibilità o di giudizio».

«Va bene!», esclamò Elizabeth. «Sarà come vuoi tu: lui è venale e lei stupida».

«No, Lizzy, non è come voglio. Sai bene che mi dispiace dover pensare male di un giovane che è stato così a lungo nel Derbyshire».

«Oh, se è per questo, io non ho davvero grande opinione dei giovani signori che vivono del Derbyshire, né i loro intimi amici che vivono nell’Hertfordshire valgono molto di più. Sono stufa di tutti quanti. Grazie al cielo, domani andrò in un posto dove troverò un uomo che non ha una sola qualità attraente; che non ha né modi seducenti né intelligenza che lo distingua particolarmente. Dopo tutto, gli uomini stupidi sono i soli che vale la pena di conoscere».

«Bada, Lizzy, questo tuo discorso ha un forte sapore di delusione».

Prima di separarsi, alla fine dello spettacolo, Elizabeth ebbe la gioia inaspettata di essere invitata dagli zii ad accompagnarli in un viaggetto di piacere che avevano intenzione di fare nell’estate.

«Non sappiamo ancora dove andremo», disse Mrs. Gardiner, «ma forse arriveremo fino ai Laghi».

Nessun progetto poteva far tanto piacere a Elizabeth, che accettò subito l’invito con viva gratitudine.

«Cara, cara zia», disse entusiasta, «che delizia, che felicità! Mi fai rinascere. Addio delusioni e malinconie. Che cosa sono gli uomini rispetto alle rocce, alle montagne? Che ore incantevoli passeremo! E quando ritorneremo, non saremo come gli altri viaggiatori, incapaci di dare un’idea esatta di quello che hanno visto. Noi sapremo dove siamo stati; descriveremo i luoghi visitati. Laghi, montagne e fiumi non si confonderanno nella nostra mente, e quando tenteremo di descrivere un paesaggio, non incominceremo a litigare a proposito del posto dove si trovava. Speriamo che i nostri racconti saranno meno insopportabili di quelli della maggioranza dei viaggiatori».