Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo ventiseisimo
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Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Mrs. Gardiner, alla prima occasione che ebbe di trovarsi sola con Elizabeth, le diede con molta bontà l’avvertimento che si era prefissa, e, dopo averle detto onestamente quello che pensava, continuò:
«Sei troppo intelligente, Lizzy, per innamorarti soltanto perché ti si mette in guardia contro qualcuno; non ho quindi paura di parlarti apertamente. Davvero, se fossi in te, starei attenta. Non lasciarti coinvolgere e non cercare di coinvolgere lui, in un affetto che porterebbe a un’unione che la mancanza di mezzi renderebbe per lo meno imprudente. Non che io abbia nulla contro di lui; è un giovane molto interessante, e se avesse la posizione che sembra dovesse spettargli, penserei che non avresti potuto incontrare di meglio. Ma, stando così le cose, non devi lasciarti trasportare dalla fantasia. Sei una ragazza di giudizio e tutti ci aspettiamo che tu lo sappia adoperare. Sono sicura che tuo padre ha fiducia nelle tue decisioni e nella tua condotta. Non devi deludere tuo padre».
«Cara zia, allora stai parlando proprio sul serio».
«Sì, e spero che tu vorrai essere altrettanto seria».
«Ti chiedo scusa: tenterò di esserlo. Per ora non sono innamorata di Mr. Wickham, no, non lo sono certamente. Ma è l’uomo più simpatico che abbia mai conosciuto e, se mi volesse veramente bene... credo sia meglio che ciò non avvenga. Capisco anch’io che sarebbe un’imprudenza. Oh, quell’odioso Mr. Darcy! Sono molto lusingata dell’opinione che mio padre ha di me, e non vorrei mai deludere la sue aspettative. Tuttavia mio padre ha simpatia per Mr. Wickham. Insomma, cara zia, sarei desolata di darvi un dolore, ma siccome si vede ogni giorno che, quando nasce l’amore, i giovani raramente sono trattenuti soltanto dalla mancanza di mezzi, come posso promettere che io sarò più saggia di tanti miei simili, se dovessi essere tentata? Eppoi come sapere veramente che sarebbe saggezza resistere? Tutto quello che però ti posso promettere, è di non far nulla con precipitazione. Non mi affretterò a credere di essere il suo unico pensiero. Quando sarò con lui, non mi lascerò andare a castelli in aria. Insomma farò del mio meglio».
«Sarebbe forse bene che tu non incoraggiassi le sue visite troppo frequenti. O, almeno, potresti fare a meno di ricordare a tua madre di invitarlo».
«Come feci l’altro giorno», disse Elizabeth con un sorriso consapevole. «È verissimo, e sarebbe più saggio da parte mia astenermene. Ma non credere che egli sia qui così di frequente come ora. È per voi che questa settimana è stato invitato tanto spesso. Conosci le idee della mamma sulla necessità di avere sempre degli invitati per i suoi ospiti. Ma davvero, e sul mio onore, cercherò di fare quello che tu reputi sia meglio; e ora spero che sarai soddisfatta».
Sua zia le assicurò di esserlo, e dopo che Elizabeth l’ebbe ringraziata per i buoni consigli, si lasciarono. Mirabile esempio di avvertimenti dati su di un argomento così delicato senza suscitare risentimento.
Mr. Collins ritornò nell’Hertfordshire poco dopo che i Gardiner e Jane l’avevano lasciato, ma, poiché fu ospite dei Lucas, il suo arrivo non disturbò troppo Mrs. Bennet. Il famoso matrimonio si avvicinava rapidamente; ella finì per rassegnarsi all’inevitabile, e arrivò perfino a dire ripetutamente, in tono di malumore, che «sperava potessero essere felici». Giovedì doveva essere il giorno dello sposalizio, e il mercoledì Miss Lucas fece la sua visita di congedo; quando si alzò per andarsene, Elizabeth, confusa per gli auguri riluttanti e sgarbati di sua madre, e sinceramente commossa, accompagnò l’amica fuori della camera. Mentre scendevano insieme le scale, Charlotte disse:
«Spero di avere spesso tue notizie, Eliza».
«Oh, puoi esserne certa».
«E ti devo chiedere un altro piacere. Mi verrai a trovare?»
«Spero che ci incontreremo spesso nell’Hertfordshire».
«Non credo che lascerò il Kent per un po’ di tempo; promettimi di venire tu a Hunsford».
Elizabeth non poté rifiutare, pur non ripromettendosi un gran piacere da quella visita.
«Mio padre e Maria verranno da me a marzo», continuò Charlotte, «e spero vorrai accompagnarli. Credimi, ti aspetto con lo stesso desiderio con cui aspetto loro».
Il matrimonio ebbe luogo: la sposa e lo sposo partirono dalla chiesa direttamente per il Kent e tutti, come è d’uso, ebbero qualcosa da dire o da ascoltare sull’argomento. Elizabeth ricevette presto notizie dalla sua amica, e la loro corrispondenza riprese regolare e frequente come un tempo, ma l’antica confidenza era ormai svanita per sempre. Elizabeth non poteva scriverle senza sentire che tutto il piacere della loro intimità era ormai finito, e benché determinata a non trascurare la corrispondenza con l’amica, lo faceva più per ricordo del passato che per la gioia presente. Le prime lettere di Charlotte furono aperte con molta impazienza: tutti erano curiosi di sentire che cosa avrebbe detto della sua nuova casa, l’impressione che le aveva fatto Lady Catherine e fino a qual punto avrebbe osato alludere alla propria felicità. Ma una volta lette le lettere, Elizabeth osservò che Charlotte si era espressa esattamente come si poteva prevedere. Scriveva serena, sembrava circondata da ogni comodità; e parlava soltanto di quello che le era possibile lodare. La casa, l’arredamento, i vicini e le strade, tutto era di suo gusto, e il contegno di Lady Catherine era assai affabile e gentile. Erano le stesse descrizioni di Hunsford e di Rosings fatte a suo tempo da Mr. Collins, debitamente sfumate e attenuate, ed Elizabeth si rese conto che avrebbe dovuto aspettare di essere laggiù per conoscere il resto.
Jane aveva già scritto poche righe a sua sorella per annunciare il loro felice arrivo a Londra, ed Elizabeth sperava che nella sua prossima lettera avrebbe potuto dirle qualcosa dei Bingley. La sua impazienza per questa seconda lettera venne ricompensata come lo sono per lo più tutte le impazienze. Jane era già da una settimana in città e non aveva ancora visto, né avuto notizie da Caroline. Essa attribuiva questo al fatto che la sua ultima lettera scritta da Longbourn, all’amica, fosse andata smarrita.
La zia — continuava — deve andare domani in quella parte della città, e coglierò l’occasione per fare una visita in Grosvenor Street.
Scrisse di nuovo a visita fatta e dopo aver visto Miss Bingley.
Caroline non mi sembrò molto entusiasta — diceva — ma parve assai contenta di vedermi e mi rimproverò di non averla avvertita del mio arrivo a Londra. Ero quindi nel giusto, supponendo che non avesse ricevuto la mia ultima lettera. Chiesi, naturalmente, di loro fratello. Gode ottima salute, è sempre talmente occupato con Mr. Darcy che non lo vedono quasi mai. Seppi che Miss Darcy era attesa per il pranzo. Mi piacerebbe vederla. La mia visita non fu lunga perché Caroline e la sorella stavano per uscire. Credo che le vedrò presto qui.
Elizabeth scosse il capo. Era convinta che soltanto un caso avrebbe potuto fare sapere a Mr. Bingley che Jane era in città. Infatti passarono quattro settimane e Jane non lo vide. Cercava di persuadersi che non lo rimpiangeva, ma, nonostante questo, le era impossibile non rilevare l’indifferenza di Caroline a suo riguardo. Dopo averla aspettata a casa tutte le mattine per quindici giorni, e inventando ogni sera una nuova scusa in suo favore, finalmente vide apparire Miss Bingley; ma la brevità della sua visita e, più ancora, il mutamento del suo contegno, non permisero a Jane di illudersi oltre. La lettera che scrisse a sua sorella in questa occasione rivelava i suoi sentimenti:
La mia diletta Lizzy sarà, ne sono sicura, incapace di trionfare a mie spese constatando di aver visto giusto, quando le confesserò che mi ero completamente illusa sull’affetto di Miss Bingley per me. Ma, cara sorella, anche se i fatti ti danno ragione, non credermi ostinata se continuo a dire che, dato il suo precedente modo di fare, la mia fiducia era naturale quanto la tua diffidenza. Non posso capire per quale ragione abbia desiderato un tempo la mia amicizia, e se le stesse circostanze si ripetessero, sono convinta che tornerei ad ingannarmi. Caroline non mi rese la visita che ieri, e nel frattempo non ho ricevuto un solo biglietto, una sola riga da lei. Quando venne, era evidente che lo faceva solo per dovere, si scusò molto brevemente per la forma, di non esser venuta prima, e non accennò al desiderio di rivedermi, ed era insomma una creatura talmente cambiata che, quando se ne andò, ero decisissima a non continuare la nostra relazione. La compiango, anche se non posso fare a meno di biasimarla. Il suo torto sta nell’avermi trattata tanto diversamente nei primi tempi; posso infatti dire con sicurezza che fu sempre lei a incoraggiare una nostra maggiore intimità; ma la compiango, perché deve accorgersi di agire male, e perché sono sicura che tutto questo è dovuto alla sua preoccupazione per il fratello. Non occorre che mi spieghi meglio, e anche se noi sappiamo che la sua inquietudine è del tutto superflua, se lei la prova, questo basta a giustificare il suo contegno verso di me; tale e tanto è il suo amore per il fratello, che qualsiasi trepidazione possa provare a suo riguardo, è naturale e scusata in partenza. Pure mi stupisce che abbia ancora di questi timori perché, se lui si fosse appena curato di me, avremmo già dovuto incontrarci da molto, molto tempo! Da un accenno sono sicura che sa che io sono a Londra, eppure dal modo di parlare di Caroline si direbbe che lei per prima voglia convincersi che egli ha davvero una spiccata preferenza per Miss Darcy. Non ci si capisce nulla. Se non temessi di dare un giudizio temerario, sarei quasi tentata di dire che in tutto questo c’è un grande sospetto di doppiezza. Ma cerco di allontanare ogni pensiero penoso e voglio ricordare soltanto quello che mi rende felice: il tuo affetto e l’invariabile bontà dei cari zii. Scrivimi presto. Miss Bingley accennò vagamente che il fratello non sarebbe più tornato a Netherfield e che avrebbe ceduto la casa. Meglio però non parlarne. Sono felice che tu abbia così buone notizie dai nostri amici di Hunsford. Va’ a trovarli, ti prego, con Sir Wickham e Maria, sono sicura che ti troverai benissimo. Tua... ecc.
Questa lettera rattristò un poco Elizabeth; ma si consolò al pensiero che Jane aveva finalmente aperto gli occhi, almeno su Caroline Bingley. Quanto al fratello, le sue speranze erano del tutto svanite. Ormai non desiderava certo più che le sue attenzioni si ravvivassero. Bingley scendeva rapidamente nella stima di Elizabeth e come punizione per lui, e anche per il bene di Jane, cominciò a sperare seriamente che sposasse presto la sorella di Mr. Darcy, che secondo quanto ne aveva detto Mr. Wickham gli avrebbe fatto non poco rimpiangere quella che aveva disprezzato.
In quei giorni, Mrs. Gardiner ricordò a Elizabeth la sua promessa a proposito di Mr. Wickham, e le chiese di lui. Le notizie che Elizabeth poté mandare furono tali da fare più piacere alla zia che non a lei stessa. Egli le dimostrava sempre un’apparente simpatia, ma non si dedicava più a lei: corteggiava un’altra. Elizabeth era abbastanza avveduta per accorgersene, e poteva pensarci e riferirlo senza provarne dolore. Il suo cuore era stato appena scalfito, e la sua vanità era salva, perché era sicura che, se le condizioni materiali lo avessero permesso, sarebbe stata lei la preferita. Un’improvvisa eredità di diecimila sterline era infatti la maggiore attrattiva della signorina che egli cercava ora di conquistare; ma Elizabeth, forse meno chiaroveggente in questo caso di quanto non lo fosse stata per quello di Charlotte, non biasimava il suo desiderio di indipendenza. Lo trovava perfettamente naturale e, mentre poteva supporre che l’abbandonare lei gli fosse costato un certo sacrificio, riconosceva che era stato un passo saggio e desiderabile per tutti e due, e gli augurava sinceramente ogni felicità.
Nella sua lettera a Mrs. Gardiner conveniva di tutto questo e continuava:
Sono ora convinta, cara zia, di non essere stata mai molto innamorata di lui, perché l’esperienza insegna che, se il mio fosse realmente stato un vero e proprio amore, a quest’ora detesterei anche il suo solo nome e gli augurerei ogni sorta di mali. Invece i miei sentimenti non soltanto sono cordiali verso di lui, ma anche imparziali verso Miss King. Non vedo proprio come farei a odiarla o a non riconoscere che è un’ottima ragazza. Non si trattava dunque di amore. Il mio buon senso è veramente stato prezioso, e, benché sarei certo più interessante agli occhi delle mie amiche se fossi pazzamente innamorata di lui, non posso rimpiangere di apparire invece una creatura del tutto insignificante. Essere delle eroine da romanzo può costare qualche volta un po’ troppo. Kitty e Lydia prendono molto più a cuore di me il suo cambiamento. Sono troppo ignare del mondo, e non possono ancora accettare l’umiliante verità che i bei giovani devono avere qualche cosa di cui vivere, come i brutti.