Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo ventinovesimo

Capitolo ventinovesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Il trionfo di Mr. Collins, dopo questo invito, fu completo. Nulla egli aveva tanto desiderato come poter mostrare ai suoi ospiti ammirati la munificenza della sua protettrice, la cortesia verso di lui e sua moglie, ma che questo avvenisse così presto era una tale prova della degnazione di Lady Catherine de Bourgh che non sapeva come compiacersene abbastanza.

«Confesso», disse, «che non mi sarei affatto meravigliato se Sua Signoria ci avesse invitati domenica per il tè e per passare la sera a Rosings. Conoscendo la Sua affabilità, potrei dire che me l’aspettavo. Ma chi avrebbe potuto prevedere una cortesia simile? Chi avrebbe immaginato che avremmo avuto un invito a pranzo (e un invito che comprende tutti!) così presto dopo il vostro arrivo?»

«Sono meno sorpreso di voi di quanto è avvenuto», rispose Sir William, «perché nella mia posizione, ho avuto occasione di conoscere gli usi della nobiltà. Negli ambienti di Corte queste prove di squisita educazione non sono rare».

Per quel giorno e il mattino seguente, non si parlò quasi d’altro che della visita a Rosings. Mr. Collins li informò accuratamente di quanto li aspettava, affinché non fossero del tutto sopraffatti alla vista dei grandiosi saloni, di una servitù così numerosa e di un pranzo addirittura sbalorditivo.

Quando le signore si separarono per andare a vestirsi, egli si fece un dovere di dire a Elizabeth:

«Non datevi pena, cara cugina, per il vostro abbigliamento. Lady Catherine è ben lontana dal pretendere da noi quell’eleganza che si addice a lei e alla sua figliola. Vi consiglierei però ugualmente di indossare il migliore dei vostri abiti: non avrete occasione più adatta. Lady Catherine non penserà meno bene di voi, se sarete vestita semplicemente. Le piace che si osservi la distanza dovuta al suo rango».

Mentre stavano vestendosi, venne due o tre volte alla loro porta a raccomandare che facessero presto, dato che Lady Catherine non sopportava che si arrivasse in ritardo per il pranzo. Questi impressionanti ragguagli su Lady Catherine e le sue esigenze spaventarono a tal segno Maria Lucas, che non era abituata alla vita di società, da farle pensare alla sua presentazione a Rosings con la stessa apprensione che aveva provato suo padre quando era stato presentato a Corte.

Il tempo era così bello che la passeggiata di mezzo miglio attraverso il parco fu piacevolissima. Ogni parco ha una sua speciale bellezza, ed Elizabeth trovò molto da ammirare, anche senza abbandonarsi al rapimento che Mr. Collins si aspettava dovesse ispirarle il paesaggio; né si commosse soverchiamente all’enumerazione di tutte le finestre sulla facciata della casa, né all’informazione di quanto erano costate a Sir Lewis de Bourgh tutte le vetrate.

Mentre salivano la scalinata che portava all’ingresso, l’inquietudine di Maria andò sempre crescendo e perfino Sir William non sembrava perfettamente calmo. Elizabeth era l’unica che sembrava non perdersi di coraggio. Non aveva mai sentito dire che Lady Catherine fosse nota per un talento fuor del comune o per qualche particolare virtù, e le pareva di poter tener fronte senza trepidazione a un prestigio che era dovuto unicamente al denaro e alla posizione sociale.

Dal vestibolo, del quale Mr. Collins fece subito notare, pieno d’entusiasmo, le belle proporzioni e le delicate decorazioni, seguirono un servitore attraverso l’anticamera, fino alla sala dove si trovavano Lady Catherine, sua figlia e la signora Jenkinson.

Sua Signoria, con grande degnazione, si alzò per riceverli e, poiché Mrs. Collins, d’accordo col marito, aveva stabilito di prendersi il compito delle presentazioni, queste si svolsero in modo perfetto, senza tutte quelle scuse e quei ringraziamenti di cui egli si sarebbe creduto in dovere di infiorarle.

Nonostante che fosse stato a Corte, Sir William rimase talmente impressionato dalla magnificenza che lo circondava, da trovare appena il coraggio di profondersi in un inchino e prender posto senza dire una parola, mentre sua figlia, quasi fuor di sé dallo spavento, stava seduta sulla punta della propria seggiola, senza sapere dove posare lo sguardo. Elizabeth invece che non era per niente intimidita, poté osservare con calma le tre signore che le stavano davanti. Lady Catherine era una donna alta e robusta, dai lineamenti marcati, che forse un tempo era stata bella. La sua espressione non era benevola, né il suo modo di ricevere gli ospiti era tale da far dimenticare loro l’inferiorità del rango. Non che ella amasse trincerarsi in un silenzio che avrebbe potuto intimidire chi la circondava, ma qualunque cosa dicesse, era detta con tono così autoritario da accentuare la sua aria arrogante, cosa che fece subito ricordare a Elizabeth Mr. Wickham. Lady Catherine era proprio come lui l’aveva descritta.

Quando, dopo aver esaminato la madre, nel cui aspetto e contegno trovò ben presto una certa rassomiglianza con Mr. Darcy, volse lo sguardo alla figlia, provò lo stesso stupore di Maria nel vederla così piccola ed esile. Le due donne non si rassomigliavano affatto sia nel volto che nella persona. Miss de Bourgh era pallida e malaticcia, i suoi lineamenti, se non brutti, erano insignificanti, parlava pochissimo e quel poco a bassa voce con Mrs. Jenkinson, che badava solo ad ascoltarla e a rimuovere il paravento nel miglior modo per riparare i suoi occhi dal riflesso del fuoco.

Dopo essere rimasti seduti un momento, furono mandati tutti a una finestra per ammirare il panorama, sotto la guida di Mr. Collins che ne additava le maggiori bellezze, mentre Lady Catherine li informava cortesemente che la stagione in cui valeva veramente la pena di vederlo era l’estate.

Il pranzo fu grandioso, e vi era tutta la servitù e lo sfoggio di argenteria promessi da Mr. Collins che, secondo quanto aveva predetto, prese posto a capotavola per espresso desiderio di Sua Signoria, con l’aria di chi non può chiedere nulla di più alla vita.

Trinciò, mangiò e lodò con la più soddisfatta alacrità: ogni pietanza fu commentata prima da lui, poi da Sir William che si era abbastanza rimesso per poter far eco a tutte le parole di suo genero con un servilismo tale che faceva stupire Elizabeth di come Lady Catherine potesse sopportarlo. Ma Lady Catherine sembrava compiacersi della loro stragrande ammirazione e si degnava sfoggiare graziosi sorrisi specialmente ogni volta che una nuova portata appariva in tavola. La conversazione però non era molto brillante. Elizabeth sarebbe stata pronta a parlare, se ne avesse avuto l’occasione, ma sedeva tra Charlotte e Miss de Bourgh, e la prima era intenta ad ascoltare Lady Catherine, mentre la seconda non disse una parola per tutta la durata del pranzo. Mrs. Jenkinson era occupata esclusivamente a sorvegliare il poco che mangiava Miss de Bourgh, spingendola ad assaggiare qualche altra pietanza e temendo che fosse indisposta. Maria non si sognava neppure di aprire bocca e gli uomini erano intenti solamente a masticare e lodare.

Quando le signore tornarono in salotto, non rimase loro che ascoltare Lady Catherine che parlò senza interruzione fino all’arrivo del caffè, esprimendo su tutto la sua opinione in modo così reciso da mostrare che non era abituata a esser contraddetta. Si informò minuziosamente e familiarmente degli affari domestici di Charlotte, dandole un’infinità di consigli a proposito di ogni cosa; le disse come doveva regolarsi in una famiglia piccola come la sua, e la istruì nel modo di accudire le vacche e i polli. Elizabeth notò che nessun argomento era troppo umile per quella gran dama, purché le desse il modo di dettar legge agli altri. Negli intervalli della sua conversazione con Mrs. Collins, rivolse una serie di domande a Maria e a Elizabeth, ma specialmente a quest’ultima che conosceva poco e che, come fece notare a Charlotte, era un grazioso tipetto di ragazza. Le domandò a varie riprese quante sorelle avesse, se erano maggiori o minori, se c’era la probabilità che qualcuna si sposasse, se erano belle, dove erano state educate, che genere di carrozza teneva loro padre, e che cognome aveva da ragazza la loro madre. Elizabeth, pur sentendo tutta l’impertinenza di queste domande, rispose con molta dignità. Lady Catherine osservò poi:

«La tenuta di vostro padre toccherà per legge a Mr. Collins, non è vero? Per amor vostro», disse rivolgendosi a Charlotte, «ne sono contenta, ma, a parte questo, non vedo il motivo di trasmettere le proprietà solo dal lato maschile. Nella famiglia di Sir Lewis de Bourgh non è stato ritenuto necessario. Sapete suonare e cantare, Miss Bennet?».

«Un poco».

«Bene, allora una volta o l’altra saremo liete di ascoltarvi. Il nostro è un ottimo pianoforte, senz’altro superiore a quello... Qualche giorno lo proverete. Le vostre sorelle suonano e cantano?»

«Una di loro soltanto».

«Perché non hanno imparato tutte? Tutte avreste dovuto impararlo. Le signorine Webbs suonano tutte, eppure loro padre non ha una rendita pari a quella del vostro. Disegnate?»

«No, affatto».

«Come! nessuna di voi?»

«Nessuna».

«È molto strano. Ma immagino che non ne avrete avuto il modo. Vostra madre avrebbe dovuto condurvi ogni primavera a Londra per approfittare dei buoni insegnanti che vi si trovano».

«Mia madre non si sarebbe opposta, ma mio padre odia Londra».

«E l’istitutrice?»

«Non abbiamo mai avuto un’istitutrice».

«Senza istitutrice! Come è possibile? Cinque ragazze allevate in casa senza istitutrice! Non ho mai udito una cosa simile! Vostra madre deve essere stata schiava della vostra educazione».

Elizabeth trattenne appena un sorriso, assicurandole che non lo era stata affatto.

«E allora chi vi ha istruito? chi si occupava di voi? Senza un’istitutrice dovete esser state trascurate».

«In confronto ad altre ragazze di famiglie superiori alla nostra, credo che lo fossimo; tuttavia a quelle di noi che desideravano studiare non sono mai mancati i mezzi necessari. Siamo sempre state incoraggiate a leggere, e abbiamo avuto tutto quello che occorreva alla nostra educazione. Chi poi preferiva non far nulla, poteva farlo liberamente».

«Non ne dubito, ed è proprio quello che deve impedire un’istitutrice. Se avessi conosciuta vostra madre, l’avrei consigliata molto seriamente di prenderne una. Ho sempre ritenuto non essere possibile educare bene senza metodo, e soltanto un’istitutrice può farlo. È incredibile il numero di famiglie a cui ho dato modo di provvedersene. Sono sempre contenta di poter mettere a posto una brava giovane. Quattro nipoti di Mrs. Jenkinson sono state collocate benissimo per opera mia, e anche pochi giorni fa ho raccomandato un’altra ragazza che mi era stata appena presentata, e la famiglia ne è stata contentissima. Mrs. Collins, vi ho già raccontato che Lady Metcalf è venuta ieri a farmi visita, per ringraziarmi? Trova che Miss Pope sia un tesoro. “Lady Catherine”, ha detto, “mi avete dato un vero tesoro”. Qualcuna delle vostre sorelle, Miss Bennet, è già comparsa in società?»

«Sì, signora. Tutte».

«Come, tutte e cinque introdotte in società nello stesso tempo? Che stranezza! E voi siete soltanto la seconda! Le minori non dovrebbero mai andare in società prima che le maggiori non siano sposate. Le vostre sorelle più piccole devono essere giovanissime!».

«Sì, la più giovane ha sedici anni. Forse è veramente troppo giovane per comparire in società, eppure, signora, sarebbe ben duro per le sorelle minori non avere la loro parte di divertimento solo perché le maggiori non hanno avuto il modo o il desiderio di sposarsi presto. L’ultima ha lo stesso diritto agli svaghi della gioventù, come la prima. Ed esserne privati per un motivo così futile! Non credo che sia il modo più adatto per sviluppare l’affetto tra sorelle o dei sentimenti delicati».

«Mi sembra», disse Sua Signoria, «che esprimiate le vostre opinioni con una grande sicurezza, per la vostra età. Quanti anni avete, prego?»

«Vostra Signoria non si aspetterà che, con tre sorelle minori già in età da marito, io confessi i miei anni!», rispose Elizabeth sorridendo.

Lady Catherine sembrò molto sorpresa di non ricevere la risposta diretta, ed Elizabeth fu colta dal dubbio di essere stata la prima creatura che avesse osato sorridere dell’impertinenza piena d’alterigia di Sua Signoria.

«Non potete avere più di vent’anni, quindi non avete ancora bisogno di nascondere la vostra età».

«Ne ho quasi ventuno».

Quando i signori le raggiunsero, fu preso il tè e poi vennero disposti i tavoli da gioco. Lady Catherine e Sir William, Mr. Collins e Charlotte sedettero per il quadriglio, e poiché Miss de Bourgh volle giocare a cassino, le due ragazze ebbero l’onore di completare con Mrs. Jenkinson il suo tavolo. Il loro gruppo era inimmaginabilmente noioso. Non scambiarono una sola parola che non si riferisse al gioco, tranne quando Mrs. Jenkinson esprimeva il timore che Miss de Bourgh avesse troppo freddo o troppo caldo, o troppa o troppo poca luce. All’altra tavola le cose erano ben diverse. Lady Catherine non faceva che parlare, rilevando gli errori dei suoi compagni o raccontando qualche aneddoto di cui era immancabilmente la protagonista. Mr. Collins annuiva a tutto quello che diceva Sua Signoria, ringraziando a ogni punto vinto o scusandosi se gli pareva di vincerne troppi. Sir William non parlava molto. Faceva provvista di aneddoti e di illustri nomi della nobiltà per ricordarli.

Quando Lady Catherine e sua figlia ne ebbero abbastanza, il gioco fu interrotto; venne offerta la carrozza a Mrs. Collins che la accettò con espressioni di gratitudine. Gli invitati si raccolsero allora intorno al fuoco per ascoltare le previsioni di Lady Catherine sul tempo che avrebbe fatto l’indomani. L’arrivo della carrozza li sottrasse a questo soliloquio, e, con molte parole di ringraziamento da parte di Mr. Collins, e altrettanti inchini di Sir William, finalmente partirono.

Erano appena usciti, che Mr. Collins chiese ad Elizabeth la sua opinione su tutto quello che aveva visto a Rosings, opinione che, per amore di Charlotte, essa cercò di rendere più favorevole di quello che fosse in realtà. Ma per quanto le sue lodi le costassero perfino qualche fatica, non riuscirono tuttavia a soddisfare abbastanza Mr. Collins, che fu ben presto costretto ad assumere personalmente il compito di lodare Sua Signoria.