Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo trentatreesimo
Questo testo è completo. |
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
◄ | Capitolo trentaduesimo | Capitolo trentaquattresimo | ► |
Più di una volta durante le sue passeggiate nel parco, Elizabeth si era imbattuta improvvisamente in Mr. Darcy. Era il colmo della sfortuna incontrarlo proprio negli angoli più riposti e più tranquilli, e, per impedire che la cosa si rinnovasse, ebbe cura di informarlo che quella era la sua passeggiata favorita. Le parve quindi strano che l’incontro si ripetesse, non solo una seconda volta, ma anche una terza. Sembrava che lo facesse per dispetto, o per infliggere a se stesso una strana punizione, perché, non contento delle poche e banali frasi scambiate insieme e intercalate da pause imbarazzanti, riteneva opportuno tornare indietro e accompagnarla. Darcy non diceva gran che e lei non si curava di parlare o di ascoltare con molta attenzione; ma al loro terzo incontro fu colpita nell’osservare che lui le rivolgeva domande piuttosto strane su come si trovava a Hunsford, sulla sua preferenza per le passeggiate solitarie, su quello che pensava della felicità di Mr. Collins e di sua moglie; e, parlando di Rosings, che lei non conosceva ancora bene, le dava l’impressione di credere che la prossima volta che sarebbe tornata nel Kent, avrebbe abitato lei pure lì. Questo era ciò che le sue parole sembravano far supporre. Possibile che pensasse al colonnello Fitzwilliam? Se le sue erano allusioni, non potevano avere altro riferimento. Si sentì un po’ turbata, e fu ben contenta di essere arrivata al cancello della palizzata di fronte al Rettorato.
Un giorno che passeggiava rileggendo l’ultima lettera di Jane, soffermandosi su alcuni punti che le provavano come l’animo di sua sorella non fosse troppo sereno quando aveva scritto, invece di essere sorpresa da Mr. Darcy, alzando gli occhi, vide il colonnello Fitzwilliam che le veniva incontro. Mettendo subito via la lettera e forzandosi a sorridere, disse:
«Non avrei mai creduto che anche voi aveste per meta delle vostre passeggiate questi paraggi».
«Ho fatto il giro di tutto il parco», rispose, «come faccio ogni anno, e pensavo di terminarlo con una visita al Rettorato. Andate ancora lontano?»
«No, stavo per ritornare». E detto fatto, tornò indietro e si diressero insieme verso il Presbiterio.
«È vero che lasciate il Kent, sabato?», chiese Elizabeth.
«Sì, se Darcy non rimanda ancora la partenza. È lui che decide come più gli aggrada».
«Dunque anche se un progetto non gli va a genio, ha almeno la grandissima soddisfazione di prendere le decisioni che vuole. Non ho mai conosciuto nessuno che sembri godere più di Mr. Darcy nel fare quello che più gli pare e piace».
«È veramente un temperamento che ama la propria indipendenza», rispose il colonnello Fitzwilliam, «cosa che del resto piace a tutti. Soltanto, lui ha più mezzi a sua disposizione, perché è ricco, mentre molti altri sono poveri. Parlo per esperienza. Come ben sapete un figlio minore deve abituarsi a saper rinunziare e a dipendere dagli altri».
«Secondo me, il figlio minore di un conte conosce poco sia l’una che l’altra cosa. Ditemi, in verità, che ne sapete voi di rinunce e di dipendenza? Quando mai la mancanza di mezzi vi ha impedito di andare dove volevate o di procurarvi quello che desideravate?»
«Queste sono piccolezze e forse non potrei dire di aver sofferto di vere e proprie privazioni, ma in cose di maggior importanza posso soffrire anch’io per la mancanza di mezzi. Per esempio, i figli minori non possono sposare chi vogliono».
«A meno che non s’innamorino di donne ricche, cosa che mi pare avvenga spesso».
«Siamo schiavi delle nostre abitudini dispendiose, e sono pochi quelli del mio ceto che possono sposarsi senza dare importanza al denaro».
“Che voglia alludere a me?”, pensò Elizabeth arrossendo; ma, riprendendosi, disse con tono vivace: «E ditemi dunque, vi prego, qual è il prezzo corrente per il figlio minore di un conte? A meno che il primogenito non sia molto malandato di salute, penso che non pretenderà più di cinquantamila sterline».
Anche lui rispose sullo stesso tono e l’argomento fu abbandonato. Temendo però che potesse interpretare il suo silenzio come segno che lei fosse rimasta turbata dal discorso fatto, Elizabeth continuò quasi subito:
«Immagino che vostro cugino vi abbia condotto con sé soprattutto per il piacere di avere qualcuno a sua disposizione. Mi domando come mai non si sposa, per assicurarsi stabilmente questo vantaggio. Ma forse sua sorella per ora può bastare: dato che è affidata alle sue cure, può comandarla come vuole».
«No», disse il colonnello Fitzwilliam, «è una cura che deve dividere con me. Sono anch’io tutore di Miss Darcy».
«Davvero? E che genere di tutori siete? La vostra pupilla vi dà molto da fare? Le signorine di quell’età sono talvolta un po’ difficili da guidare, e se ha il vero carattere dei Darcy, forse piacerà anche a lei fare quello che vuole».
Mentre parlava, notò che lui la guardava attentamente, e dal modo con cui le chiese subito perché supponeva che Miss Darcy potesse dare delle preoccupazioni, comprese di essere andata molto vicina alla verità. Rispose in fretta:
«Non inquietatevi. Non ho mai sentito parlare male di lei, e sono sicura che è una delle più docili creature del mondo. È la prediletta di alcune signore che conosco, Mrs. Hurst e Miss Bingley. Credo che le conosciate voi pure». «Le conosco poco. Il fratello è un uomo distinto, e un grande amico di Mr. Darcy».
«Oh, sì», rispose Elizabeth asciutta; «Mr. Darcy mostra un grande attaccamento per Mr. Bingley, e si prende cura di lui forse anche più di quanto dovrebbe».
«Sì, credo proprio che Darcy si curi di lui lì dove mostra di averne veramente bisogno. Da qualcosa che mi ha detto durante il nostro viaggio, ho ragione di credere che Bingley gli può essere molto grato. Ma forse non ho il diritto di pensare che si trattasse di lui. È soltanto una mia congettura».
«Di che cosa intendete parlare?»
«Si tratta di un caso che Darcy non desidera certo che venga risaputo, perché sarebbe spiacevole che arrivasse agli orecchi della famiglia della signorina».
«Potete esser sicuro che non ne farò parola».
«E guardate che non ho nessuna ragione speciale per credere che si tratti proprio di Bingley. Darcy mi disse soltanto questo: che si rallegrava di aver recentemente salvato un amico dal contrarre un matrimonio imprudente, ma senza far nomi, né dare particolari, e ho supposto che si trattasse di Bingley perché mi pare proprio il tipo di giovane capace di mettersi in un imbroglio di questo genere, e perché sapevo che avevano passato tutta l’estate insieme».
«Mr. Darcy vi ha spiegato le ragioni del suo intervento?»
«Mi è parso che vi fossero gravi impedimenti da parte della signorina».
«E quali arti impiegò per separarli?»
«Non mi parlò delle sue arti», disse Fitzwilliam sorridendo. «Mi disse soltanto quello che vi ho riferito».
Elizabeth non rispose e continuò a camminare; il suo cuore era gonfio d’indignazione. Dopo averla osservata qualche tempo, Fitzwilliam le chiese perché fosse così pensierosa.
«Pensavo a quello che mi avete detto», rispose. «Non mi piace il modo d’agire di vostro cugino. Perché arrogarsi il diritto di giudicare?»
«Vi pare che il suo intervento sia ingiustificato?»
«Non vedo quale diritto avesse Mr. Darcy per decidere se l’inclinazione del suo amico fosse più o meno giusta, o perché dovesse bastare il suo giudizio per decidere o meno della felicità del suo amico. Ma», continuò riprendendosi, «siccome non conosciamo i particolari, non possiamo neppure condannarlo. Ad ogni modo penso che non si trattasse di un vero e grande amore». «Non è improbabile», disse Fitzwilliam, «ma questo diminuirebbe, e non di poco, la vittoria di mio cugino».
Questa conclusione venne tratta scherzando, ma a lei parve che dalle parole del colonnello balzasse fuori così nitido il carattere di Mr. Darcy, che non si fidò di rispondere, per cui, cambiando discorso, parlò di altri argomenti fino all’arrivo al Rettorato. Qui, chiusa nella sua camera, appena il visitatore se ne fu andato, poté pensare senza essere interrotta a tutto quello che aveva saputo. Senza dubbio si trattava proprio della sua cara Jane. Non poteva esservi al mondo, oltre a Mr. Bingley, un altro uomo sul quale Mr. Darcy esercitasse una influenza così illimitata. Non aveva mai dubitato ch’egli avesse avuto parte nel separarlo da Jane; ma aveva sempre attribuito a Miss Bingley la responsabilità più grande dell’accaduto. Invece, se non era stata la sua leggerezza ad allontanarlo da Jane, era stato proprio lui, con il suo orgoglio e il suo capriccio, la causa di tutto quello che sua sorella aveva sofferto e continuava a soffrire. Aveva distrutto, per qualche tempo almeno, ogni speranza di felicità nel cuore più affettuoso e più generoso, e nessuno poteva sapere quanto avrebbe potuto durare tutto il male che aveva fatto. «C’erano gravi impedimenti da parte della signorina», aveva detto Fitzwilliam, e i “gravi impedimenti” erano probabilmente avere uno zio avvocato di campagna, e un altro commerciante a Londra. Non potevano esserci davvero “impedimenti gravi” d’altro genere contro Jane personalmente, tutta bellezza e bontà, intelligente, con una mente superiore e dei modi affascinanti. “Né può addurre qualcosa contro mio padre”, pensò, “che, anche se un po’ originale, ha delle qualità che lo stesso Mr. Darcy non può disprezzare e un’onorabilità ch’egli forse non saprebbe mai raggiungere”. Quando pensava a sua madre si sentiva meno sicura; ma non poteva ammettere che le obiezioni contro di lei avessero un gran peso per Mr. Darcy, il cui orgoglio doveva essere certo più ferito dal fatto che il suo amico si imparentasse con gente di poca importanza, piuttosto che di poco giudizio. Finì quindi per concludere che era stato guidato in parte dal suo peggiore orgoglio, in parte dal desiderio di serbare Mr. Bingley per sua sorella.
Le lacrime e l’agitazione prodotte da queste riflessioni le causarono un gran mal di testa che andò peggiorando verso sera, e poiché non aveva nessun desiderio di vedere Mr. Darcy decise di non accompagnare i suoi cugini a Rosings, dove erano attesi per il tè. Charlotte vedendo che la sua amica stava veramente poco bene non insisté e cercò di impedire che suo marito lo facesse; ma Mr. Collins non poté nascondere il suo timore che Lady Catherine si sarebbe seccata non vedendo apparire Elizabeth.