Oreste (Euripide - Romagnoli)/Secondo stasimo

Secondo stasimo

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Euripide - Oreste (408 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1930)
Secondo stasimo
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Questo testo fa parte della raccolta I poeti greci tradotti da Ettore Romagnoli


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coro

Strofe
La superba fortuna e il fasto fulgido
onde sparso era il vanto in tutta l’Ellade,
sin del Simèta ai margini,
dagli Atrídi beati il piede torsero,
dal giorno che piombò sulla progenie
l’antico danno, allor che per l’aríete
d’oro scoppiò la rissa fra i Tantàlidi,
onde fu poi l’empissimo convivio,
e lo scempio dei figli nobilissimi,
onde, strage su strage avvicendandosi,
mai non cessâr gli eccidi,
sinché piombâr sui due fratelli Atridi.

Antistrofe
Pio non è ciò che pio sembra: che un figlio
con la lama temprata al fuoco, stermini
i genitori, e ai fulgidi
raggi del sole ostenti il brando livido
di sangue: iniqua gesta essa è, vesania
esecranda, follia d’animi perfidi.
Ché, nel terror di morte, la Tindàride

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misera un grido alto levava: «O figlio,
empia audacia è la tua, quando tu scempio
fai della madre. Mentre il padre vendichi,
vedi che non procuri
un’infamia per te ch’eterna duri».

Epodo
Qual morbo mai, che lagrime,
che scempio su la terra è piú terribile,
che intrisa aver la mano
della strage materna? Oh, qual mai l’opera
fu, quale, onde ora, insano
pel suo misfatto, in preda delle Eumènidi,
forsennato delira
il figlio d’Agamènnone,
e l’occhio in rote furïose gira?
Che cuor fu il tuo, quando sgorgar dall’aureo
mantello di tua madre il sen vedesti,
e, a far vendetta del paterno scempio
il ferro v’immergesti?