Opuscolo che contiene la raccolta di cento anacreontiche/Belle arti

Belle arti

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Scienze Virtù
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BELLE ARTI

14.

le arti.


Arti, figlie di esperienza,
     Van cercando il ver con mano
     Quel Cultor, che non è strano,
     Buone cose puole far.
Se si addice ad arti-belle
     Può lasciar capo-lavoro;
     In tributo vago alloro
     Gli offrirà Posterità.

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15.

le lingue.


Son le Lingue il mezzo vero
     Per dar fuor la volontade,
     Varie è vero in più contrade
     Tu le senti favellar.
Un tal dono solo all’uomo
     Iddio diè, perchè Signore
     Del creato il fe; e di core
     L’uom lo dee ringraziar.


16.

l’eloquenza.


L’Eloquenza è Dea sagace,
     Che presceglie a se quei figli,
     Che maturi nei consigli
     Sanno gli uomini guidar.
Il parlar degli Oratori
     È così soave e forte;
     Che il Ver, talora il torte
     Si raccoglie e tace alfin.

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17.

lo scrivere.


E lo Scrivere bell’arte
     Inventata espressamente,
     Perchè il parto della mente
     Non isfugga all’Autor.
L’Arte è lunga, vita è breve
     E la penna fu di ajuto,
     Per non rendere perduto
     Il saper di prisca età.


18.

la pittura.


La Pittura è arte amena,
     Che ritrova il suo diletto
     Nel fissar la rosa in petto
     Alla Dea della beltà.
Debitori ad Essa siamo
     Pei ritratti degli Eroi,
     Che per dar esempio a noi
     Sulla tela trasportò.

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19.

la musica, o armonia.


L’Armonia è figlia eletta
     Di quel Genio innovatore,
     Che avvicina il dolce al core,
     Che trasporta via il pensier.
Tal contento è ancor sentito
     Dagli Dei in su le sfere;
     S’ammansiscon pur le fiere
     Al melodico temprar.


20.

la scherma.


È la Scherma nobil’arte,
     Che difende Onor macchiato
     Di colui, che vien spregiato
     Da chi insulti gli arrecò.
Se guardiam gli antichi Eroi,
     Troverem che in su la spada
     Cavalier d’ogni contrada
     Riponea ogni tenzon.

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21.

il ballo.


È il Bal figlio d’Amore
     Che con vezzi, grazie, e riso
     L’uomo coglie all’improvviso,
     E gli fa sentire Amor.
Non vi è festa, non v’è invito,
     In cui il bal non venga in opra;
     È allor che inver si scopra,
     Chi ad Amor si dedicò.


22.

il commercio.


Il Commercio è util cosa,
     Che avvicina gente a gente
     Buona merce, e sorprendente
     Ciascun manda, ciascun da.
Quanto ben con un tal mezzo
     Hai ritratto uman famiglia!
     Arti, Scienze e Meraviglie
     Tutte or han comunità.

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23.

la moneta.


La Moneta in se racchiude
     Il valor di ogni ValsenteFonte/commento: Pagina:Ingarrica - Opuscolo che contiene la raccolta di cento anacreontiche, 1834.djvu/57,
     Lo scambiarsi solamente
     Coll’oggetto, fa il suo fin.
Invenzione sì ingegnosa
     È dovuta a Genio umano;
     Che al commercio non fu strano,
     Chi più vita gli donò.


24.

l’agricoltura.


Agricoltura, arte avita,
     Che alimenti tutti quanti;
     A ragion sulle altre vanti
     Primazia e grandi onor.
Se per poco in abbandono
     Il Coltor ne lascia il fondo,
     Divien squallido il Mondo
     Vita manca in ogni dì.

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25.

la pastura.


La Pastura coll’uom nacque
     Ed offrìgli il nudrimento
     Quindi venne anche il giumento
     Ad offrirgli quanto ha.
Quai tesori non raccoglie
     L’uom da tali semoventi!
     Si è ver che gli dan stenti,
     Ma il lavor col lucro va.


26.

la pesca.


È la Pesca anche un’arte,
     Che l’uom sa da anni antichi;
     Che nei giorni invero aprichi
     Da diletto, e lucro ancor.
Tanta gente vi è ancora
     Che di pesce sol si pasce
     Civiltà tu miri in fasce
     Assai tarda a sviluppar.

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27.

la caccia.


Caccia è arte anche antica,
     Che usaro gli avi nostri,
     Anche oggi ai dì nostri
     Serve l’uomo a divertir.
Si eseguiva colla freccia
     Or si esegue col grilletto
     Tanto il Dain che augelletto
     Dan buon pasto e fan piacer.


28.

i mestieri.


È il Mestier figlio al bisogno
     Cui si addice l’uom volgare,
     Che non volle studiare
     Per la vita trasportar.
Pure è ver che con tal mezzo
     Il Commercio s’insignora:
     Tu a mercato hai da fuora
     Quel ch’è buono, e vano ancor.