Opere minori (Ariosto)/Rime varie/Sonetto XXXI

Sonetto XXXI

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Sonetto XXXI.


     Magnifico fattore Alfonso Trotto,1
Tu sei per certo di grand’intelletto:
In ciò che tu ti metti esci perfetto,
4Ed i maestri ti lasci di sotto.
     Da Cosmico2 imparasti d’esser ghiotto

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Di monache, e non creder sopra il tetto,
L’abominoso incesto, e quel difetto
8Pel qual fu arsa la città di Lotto.
     T’insegnò Benedetto Bruza poi
Le risposte asinesche, e odioso farte,
11Non che agli estrani, ma alli frati tuoi.
     Riferir mal d’ognuno al duca, l’arte
Fu de’ tuoi vecchi; ma tutti eran buoi,
14Nè t’agguagliaro alla millesma parte.
                    Non più; ch’in altre carte
Lauderò meglio il tuo sublime ingegno,
17Di tromba, di bandiera e mitra degno.

Note

  1. Così nominavasi colui contro il quale fu fatto il Sonetto. Era fattor ducale in Ferrara, carica assai importante, come quella che comprendeva la presidenza all’economia e a’ contratti privati del principe. Il poeta lo ebbe contrario in certa lite insorta tra i fratelli Ariosti e la Camera ducale, per cagione della pingue eredità del conte Rinaldo Ariosti loro cugino, morto senza successione mascolina. La Camera andò al possesso di que’ beni, riguardandoli come feudali. Primo giudice in quella causa fu il detto Alfonsino Trotti, che sentenziò contro i fratelli Ariosti. Al v. 9, quel Benedetto Bruza fu fattor ducale ancor egli, e precedè nella carica il Trotti. — (Molini.)
  2. Tra le poesie latine del nostro Autore trovasi un Epitaffio in lode di costui, dopo la sua morte. Per intendere le allusioni dei tre seguenti versi, ci è forza ricordare il processo ch’egli dovè subire in Mantova, pe’ suoi sozzi costumi, nel 1489; di cui fa cenno il Tiraboschi, tomo VI, par. III, lib. III, cap. IV.