Opere minori (Ariosto)/Rime varie/Sonetto XX

Sonetto XX

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Sonetto XX.1


     Come creder debb’io che tu in ciel oda,
Signor benigno, i miei non caldi preghi,
Se gridando la lingua che mi sleghi,
4Tu vedi quanto il côr nel laccio goda?
     Tu che il vero conosci, me ne snoda,
E non mirar ch’ogni mio senso il nieghi:
Ma prima il fa che, di me carco, pieghi
8Caronte il legno alla dannata proda.
     Iscusi l’error mio, Signore eterno,
L’usanza ria, che par che sì mi copra
11Gli occhi, che ’l ben dal mal poco discerno.
     L’aver pietà d’un cor pentito, anch’opra
È di mortal: sol trarlo dall’inferno
14Mal grado suo, puoi tu, Signor, di sopra.


Note

  1. È noto come tutti i poeti vissuti dopo il Petrarca ponessero tra le loro rime alcuno di quei componimenti che poi furon detti di pentimento spirituale. Tale è pur questo di messer Lodovico.