Opere minori (Ariosto)/Poesie latine/Liber tertius/Carmen VII
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Ludovico Ariosto - Opere minori (1857)
Carmen VII
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VII.
HERCULIS STROZZÆ.1
Qui patriæ est olim iuvenis moderatus habenas,
Quique senum subiit pondera pene puer;
Quem molles elegi ostendunt, seu grandia mavis,
Sive canenda lyra carmina quantus erat;
Herculis hic Strozzæ tegitur cinis: intulit uxor
Barbara, Taurellæ stemmate clara domus.
Quale hoc cumque suo statuit sacrum ære sepulchrum,
Iuncta ubi vult chari manibus esse viri.2
Note
- ↑ Ercole di Tito Strozzi, coetaneo e condiscepolo del poeta (vedasi il carme VI del libro I), noto per la sua molta letteratura, ma più per l’infelice e violenta sua morte, che taluni attribuiscono al duca Alfonso per gelosia della moglie Lucrezia, altri a vendetta di un personaggio d’alto affare, che aveva aspirato alle nozze di Barbara Torelli, sposata da esso Strozzi. E poichè abbiamo alle mani la Vita inedita di questo Ercole, che Lorenzo di Filippo Strozzi avea scritta tra quelle de’ personaggi illustri della sua famiglia, ci piace qui riferirne le parti più sostanziali: «Ercole, figliuolo di messer Tito, nacque in Ferrara l’anno 1470, dotato dalla natura molto più d’ingegno che di beni corporali: dove consumò il fior degli anni anni in poesia; di poi dètte opera alle lettere greche e alle scienze. Nelle quali diveniva eccellente e raro, se l’immatura et empia morte non l’avesse interrotto: nondimeno compose in versi latini più opere, le quali gli succederono sì felicemente che fu da molti invidiato, senza trovare in tal genere pari alcuno. Era liberale oltremodo, amatore delle virtù e ricettacolo degli uomini litterati: in fra i quali fu messer Pietro Bembo, gentiluomo viniziano, che frequentando la corte di Ferrara, si tornava sempre in casa sua, disputando e conferendo i loro studî, e spezialmente della lingua vulgare, come esso Bembo nelle sue Regole della detta lingua l’introduce. Nel quale idioma messer Ercole... compose anche più sonetti, canzoni e capituli. E se la natura non l’avesse impedito d’una gamba, sì fattamente che poco vi si reggeva, era, oltre allo ingegno, di tanto animo, che saría non manco stato atto alle armi, che alle Muse. E appresso molti principi ebbe non poca grazia e favore, e spezialmente con la signora Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara; con la quale tenne sì stretta famigliarità e fedel servitù, ch’egli sperava per tal mezzo, non meno che per le sue virtù, pervenire al grado del cardinalato, sendo papa Alessandro VI padre della prefata duchessa, a cui ne avea già dato non piccola intenzione. Tacerò quanto fosse amato non solo in quella parte della Romagna del duca, che governò più anni, ma del restante appartenente alla Chiesa; e la benevolenza che egli aveva in tutta Ferrara, dove fu onorato de’ primi gradi della città, trovandosi alla sua morte Giudice de’ savi. La quale morte violentemente, e senza giusta causa, con due ferite in sul capo, di notte, sofferse, portandolo di poi quelli che l’uccisero, davanti alla sua casa: modi non consueti nelle ben rette città, i quali non par che si possano fare senza il consenso del principe. (Qui nel Ms. di casa Capponi è la postilla marginale: Causa Lucrezia.) E così, sendo in masimo stato, terminò miseramente la vita, non aggiungendo ad anni trentotto; ec.»
- ↑ Aldo Manuzio, che fece anch’egli l’epitaffio di Ercole Strozzi ( composto di versi 34, introducendovi anche l’elogio di Lucrezia: decus quæ heroidum, Quot sunt, fuere, quotque erunt), riportato dal biografo che sopra nominammo, così parla di Barbara e del sepolcro da lei fatto erigere:
Sed mulierum quæ est gloria et honos Barbara
Taurella coniux, quæ pientissima viro, et
Unâ ut quiesceret ipsa donec corporis
Erit excitatio, sibi hoc viva posuit.