Opere minori (Ariosto)/Lettere/Lettera VII

Lettera VII

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VII.1

A Messer Mario Equicola.

Messer Mario mio pregiatissimo.

Io ringrazio molto V. S. della offerta ch’ella mi fa di prestarmi l’opera sua, accadendomi, nelli miei litigi: la quale accetto di buon animo, e credo di usarla; ma non mi bastería il scrivere quello che io dimandassi. Ho pensiero di trasferirmi un giorno a Mantova, ed informarvi bene di quello che io voglio: ma non è il tempo ancora. Circa l’oda che voi mi dimandate, la cercherò tra le mie mal raccolte composizioni, e le darò un poco di lima al meglio che io saprò, e manderòllavi. È vero che io faccio un poco di giunta al mio Orlando Furioso; cioè io l’ho cominciata: ma poi, dall’un lato il duca, dall’altro il cardinale, avendomi l’un tolto una possessione, che già più di trecent’anni era di casa nostra, l’altro un’altra possessione di valore appresso di dieci mila ducati,2 de facto e senza pur citarmi [p. 538 modifica]a mostrare le ragion mie; m’hanno messo altra voglia che di pensare a favole. Pur non resta per questo ch’io non segua, facendo spesso qualche cosetta. S’io seguiterò, non mi uscirà di mente di fare il debito mio; e tanto meglio che non ho fatto pel passato, quanto questo debito da quel tempo in qua è cresciuto in infinito. Messer Mario, siate certo ch’io son vostro, prima per inclinazione naturale, già è molto tempo; poi per vostri meriti verso di me. A voi mi raccomando, e pregovi che alcuna volta vi degnate di ridurre alla signora marchesana in memoria che io le sono deditissimo servitore. Al magnifico Calandra vi degnerete anco di raccomandarmi.

Ferrara, 153 ottobre 1519.

Vostro,
Ludovico Ariosto.


Fuori — Magn. ac Doctissimo Viro Dom. Mario Equicolæ,
          mihi amicissimo. Mantuæ.


Note

  1. Stampata dal signor Mortara, e riprodotta dal signor Braghirolli, come si è detto della precedente.
  2. Giacchè l’autore non ispecifica per altra guisa le possessioni o benefizî che allora perdette per doppio volere del cardinale e del duca, torna difficile il giudicare se quelle fossero diverse, ovvero le medesime di cui parla il Baruffaldi, riferendole agli anni 1517 e 1519. È verisimile che respettivamente al cardinale, Lodovico intenda parlare delle rinunzie ch’egli fu costretto ad emettere dei benefizî ecclesiastici di Castel San Felice e di Santa Maria in Benedellio (Vita ec., pag. 177); e quanto al duca, della tenuta di Bagnolo, detta delle Arioste, stata già del conte Rinaldo Ariosto, e che alla sua morte non si volle concedere alla famiglia del nostro, dichiarandola invece devoluta alla camera ducale (ibid., pag. 181-182).
  3. Nella stampa del Braghirolli questa lettera porta la data del dì 19.