Opere minori (Ariosto)/Lettere/Lettera IX
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IX.1
A messer Mario Equicola.
- Magnifico messer Mario mio onoratissimo.
Per messer Giangiacomo Baretone2 ho avuto sei lire di vostra3 moneta, le quali Vostra Magnificenzia mi ha rimesse, credo, per parte delli denari che si hanno d’avere dal venditore delli miei Orlandi a Verona. Di che ringrazio quella, ma mi pajono pochi a quelli ch’io aspettava; e non posso credere che quel libraro non li abbia espediti tutti, perchè in nessun altro luogo d’Italia non so dove ne restino più da vendere: e se fin qui non li ha venduti, non credo che più li venda. Per questo saría meglio che il libraro li rimettesse qui, perchè súbito troverei di espedirli; poichè me ne son dimandati ogni dì. Vostra Magnificenzia, essendo risanata, come spero che ella sia, la prego che si sforzi di saper la cosa; chè troverà che i libri sono venduti, e che quel libraro vuole rivalersi4 di quelli denari. La si ricordi che io sono suo, e sempre me gli raccomando.
- Ferrara, 8 novembre 1520.
Vostro, |
Fuori — Magnifico Domino Mario Equicolæ, Secretario. Mantuæ.
Note
- ↑ Pubblicata dal Mortara e dal Braghirolli nelle raccolte sopraccitate, come la VI e la VII.
- ↑ Il Braghirolli legge: Bardellone.
- ↑ Il medesimo: nostra.
- ↑ Qui per lo stesso che Valersi. Quanto al costume di quel librajo, potrebbe opportunamente ripetersi l’assioma: Nihil sub sole novum. E già tutte le querele che alla giornata si fanno contro le varie classi delle persone, al cospetto dell’istoria divengono serotine.