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540 lettere.

credo, per parte delli denari che si hanno d’avere dal venditore delli miei Orlandi a Verona. Di che ringrazio quella, ma mi pajono pochi a quelli ch’io aspettava; e non posso credere che quel libraro non li abbia espediti tutti, perchè in nessun altro luogo d’Italia non so dove ne restino più da vendere: e se fin qui non li ha venduti, non credo che più li venda. Per questo saría meglio che il libraro li rimettesse qui, perchè súbito troverei di espedirli; poichè me ne son dimandati ogni dì. Vostra Magnificenzia, essendo risanata, come spero che ella sia, la prego che si sforzi di saper la cosa; chè troverà che i libri sono venduti, e che quel libraro vuole rivalersi1 di quelli denari. La si ricordi che io sono suo, e sempre me gli raccomando.

Ferrara, 8 novembre 1520.

Vostro,
Ludovico Ariosto.


Fuori — Magnifico Domino Mario Equicolæ, Secretario. Mantuæ.


X.2

A Giovanfrancesco Strozzi.

A nome dell’Alessandra Strozzi.

Magnifico messer Giovanfrancesco mio onorando.

Io ebbi a questo dì una di V. S., la quale mi è stata cara per intender di quella: ma non che per sollicitarmi o ricordarmi della vostra cosa mi fosse di bisogno; perchè io non l’ho meno a côre, che se fosse particolarmente a mio grande utile; e mai non mi accade occasione di parlarne, ch’io non lo faccia con quella fede che mi par che mi sia debita. Ma circa questo non possiamo più stringere messer Guido3 di quello che voglia essere stretto; il quale per modo alcuno non vuol che si parli


  1. Qui per lo stesso che Valersi. Quanto al costume di quel librajo, potrebbe opportunamente ripetersi l’assioma: Nihil sub sole novum. E già tutte le querele che alla giornata si fanno contro le varie classi delle persone, al cospetto dell’istoria divengono serotine.
  2. Pubblicata dal Barotti, tom. cit., pag. 391; e replicata in parte dal Baruffaldi, Vita ec., pag. 287.
  3. Guido Strozzi, figlio di quel Tito e fratello di quell’Ercole de’ quali abbiamo, dalle stampe d’Aldo e del Colineo, un lodato volume di latine poesie. — (Barotti.)