Opere di Procopio di Cesarea/Il traduttore

Giuseppe Rossi

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Opere di Procopio di Cesarea Istoria delle guerre persiane
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IL TRADUTTORE




Parmi buon consiglio, se pure non sono errato, il premettere a queste Guerre un brano della Istoria di Agazia, eminente laudatore di Procopio, acciocchè il lettore prima di trascorrerle possa conoscere i principali fatti in esse contenuti; eccone le parole: «Procopio comincia la sua Istoria narrando la morte d’Arcadio (il quale fidò al persiano re Isdigerte con la soprantendenza dell’imperio la tutela del figliuol suo Teodosio) ed i memorabili casi dei monarchi Vararane e Perozo. Racconta di poi come il successor loro Cavado perdesse il trono, e quindi salitovi nuovamente riuscisse ad espugnare [p. viii modifica]Amida, presidiata in allora dalle truppe dell'imperatore Anastasio, e redenta nel tempo avvenire, spendendovi tante cure e fatiche, dal vecchio Giustino. Qui annoda le romane guerre contro Cavado e Cosroe in Persia, in Siria, in Armenia e nella Lazica, le vicende cui soggiacquero il vandalico re Gilimero, Cartagine e l'Africa merce delle inique trame de’ prefetti Bonifacio e Gizerico, ma dopo molti anni di ribellione tornato il tutto all'obbedienza dell’imperatore Giustiniano. Terminati questi argomenti volge il discorso alla distruzione dei Vandali, ai mali ond’essi furono apportatori e vittime, alle frequenti battaglie sul libico suolo ed altrove dagli imperiali date loro e a Stoza e a Gontari, ambedue per lo avanti in lega coll'imperio, e di poi, facendosi tiranni, sorgente a quei popoli di grandi calamità e [p. ix modifica]sedizioni, cui non si riparò che mettendone a morte i capi. Ricorda similmente la civile congiura di Bizanzio contro Giustiniano, e i danni gravissimi derivatine alla repubblica, le scorrerie degli Unni, i quali varcato il fiume Istro forte maltrattarono le romane terre, e saccheggiati gl’Illirj, i Tessali ed altre genti europee navigarono alle opposte rive dell’Ellesponto per mettere a soqquadro una parte dell’Asia. Vi troverai come Berea ed Antiochia sull’Oronte, città della Siria, fossero da Cosroe atterrate, Edessa cinta d’assedio, ma salvata alla per fine dal coraggio de’ suoi concittadini; le guerre contro gli Etiopi e gli Omeriti, e per quali motivi costoro, già nostri amici e confederati, si nimicassero con Bizanzio; una distinta esposizione della moria, che vivendo Giustiniano afflisse l’uman genere, e degli straordinarj ed [p. x modifica]affatto nuovi segni che la precedevano o seguivanne il corso, rendendola vie più spaventosa e mortale; non poche romane spedizioni presso alle borgate dei Lazj, e sotto il forte di Pietra, all’uopo di sfidare Coriane, Mermeroe, e qualche numero di persiane truppe; la morte di Teodorico re dei Goti, e della sua figliuola Amalassunta, vittima della barbarie di Teodato; il perché dai Romani si combattesse coi Goti, e come Vitige, successore di Teodato nel regno, caduto dopo molto versamento di sangue nelle mani de' suoi nemici venisse da Belisario condotto in Bizanzio; di qual guisa in fine Italia e Sicilia, scosso il giogo straniero, ricuperassero l'antico decoro, ed il felice successo avuto nelle armi dall'eunuco Narsete, capitano dell'esercito imperiale, cui dobbiamo il glorioso compimento della guerra con [p. xi modifica]Totila, ferito e morto allorché fuggiva dopo la perdita d’una battaglia; i Goti dichiararono quindi loro capo Teia, prole di Fredigerne, il quale fu similmente ucciso » (lib. i).

Con questi materiali adunque lo Storico da Cesarea componeva i suoi libri delle Guerre persiane, vandaliche e gotiche, ornandoli bene spesso di eloquenti dicerie fatte dai capitani sia per tenere gli eserciti in disciplina, sia per emendarne qualche mancamento, ovvero per animarli ad essere valorosi di fronte al nemico, e spargendovi utili non meno che piacevoli notizie sulle varie costumanze de’ popoli in guerra co’ Romani, o sulle città e borgate da costoro trascorse nel difendere i diritti dell'imperio, o nel soccorrere i loro confederati. Ed erano fuor di dubbio i suoi omeri acconci a tanto carico avendo egli lungamente coperto l'uffizio di scriba [p. xii modifica]presso a Belisario, giovatogli coll’opera e col consiglio in molte e gravi imprese, e riportato dalla natura, quanto sia ad ingegno, grandissimi doni, come attestano i suoi contemporanei, ed in ispecie Menandro Protettore, il quale giunse a nomarlo - Grande splendore di eloquenza - Che se leggendone le Opere apparisse questa laude soverchia, prima di censurarne l’autore è uopo rammentarsi che di que’ tempi la sublime arte del dire ed il gastigatissimo greco idioma avevano di già molto perduto della originaria dignità e purezza, e ch’era per ciò assai arduo cimento il trarsi dal numero de' mediocri scrittori.