Tomo I

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Prefazioni dell’edizione Pasquali Prefazioni dell'edizione Pasquali - Tomo II

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L’AUTORE

A CHI LEGGE.

(Tomo I)


A
TENORE de’ manifesti, che ho fatto a questa mia edizione precedere, eccomi a dar principio alla stampa, che avrà per titolo: Opere di Carlo Goldoni. Sono dette mie opere in varie classi divise; ma io le dividerò in tre parti soltanto. Comprenderà la prima Commedie, Tragedie e Tragicommedie. Comprenderà la seconda i Drammi Musicali serj e giocosi, Oratori, Cantate e simili Componimenti per Musica. Comprenderà la terza tutte le mie poetiche composizioni edite e inedite, in varj tempi ed occasioni prodotte. Ciascheduna di queste tre parti formerà un corpo da sè, separato dagli altri, onde potrà alcuno aver le Commedie senza i Drammi e senza le Poesie Miscellanee, ed avrà un corpo perfetto, e così parimenti sarà perfetto il corpo delle Poesie Musicali o Miscellanee, principiando e quelle e queste coll’indicazione di Tomo I. Di più le Opere Musicali e le Poesie diverse non avranno che un solo Rame nel Frontispizio, e le Commedie ne avranno cinque, onde il prezzo sarà diverso, quantunque la forma della stessa grandezza per unirli insieme volendo. Tutti i Tomi di Commedie, Drammi, Poesie etc. avranno due Frontispizj, uno istoriato contenente il titolo generale: Opere di Carlo Goldoni; l’altro in lettere, specificante la classe e il tomo, di cui si tratta. Tutto ciò dichiarai molto prima ne’ manifesti suddetti, ma qui ho voluto ripeterlo acciò rimanga perpetuamente la maniera, con cui s’hanno a dividere le cose mie, che ponno sussistere separate ed unite; e do frattanto principio alla prima classe, che è quella delle Commedie, Tragedie e Tragicommedie.

Ciascun frontispizio, come dissi, istoriato, rappresenterà un qualche pezzo della mia vita, principiando dall’età d’anni otto, in cui il genio comico principiava in me a svilupparsi, composta avendo in sì tenera età una Commedia, di quel valore che aspettar si [p. 2 modifica]potea da un bambino. Non mi sovviene ora nè il titolo, nè l’intreccio, ma vive tuttavia un Testimonio di tal verità nella persona del Signor Abbate Valle Bergamasco, amico di casa mia fin da allora. Egli è indicato nel rame del Frontispizio suddetto, e vi è mia Madre, che compiacevasi infinitamente del mio genio ch’ella chiamava talento, e vedesi delineato un certo di lei Compare, cui pareva impossibile ch’io sapessi far tanto, perchè nell’età sua provetta sapeva forse assai meno. Io sono raffigurato nel fanciullo che pel Compare incredulo si adirava, e vedesi la mia libreria di quel tempo, consistente in Commedie di quel genere che in allora correva. Al disopra di detto quadro vi è il titolo dell’edizione, abbracciato da Melpomene e Talia, muse conosciute da tutti, l’una della Tragedia, l’altra della Commedia protettrici e custodi.

Nella ristampa che ora intraprendo, non mi affaticherò a tessere una più lunga o più studiata Prefazione. Vagliami quella, qualunque siasi, che ho posta in fronte alla Edizione prima del Bettinelli in Venezia, indi da me adoperata nella edizione mia Fiorentina. Io l’ho soltanto presentemente in qualche parte o cangiata, o corretta, siccome ho fatto di tutte le opere mie che ora sono per ristampare, e da ciò prendo motivo di prevenire il Pubblico con qualche notizia, che alla novella impresa appartiene.

Dirò, prima di tutto, non aver io osservato nella presente impressione delle mie Commedie l’ordine de’ tempi ne’ quai furono o scritte, o rappresentate, poichè, volendo io a tenore della promessa fatta ne’ miei manifesti, che in ogni Tomo vi fosse una Commedia non più stampata, non era possibile ch’io seguitassi la loro cronologia. Seguendo però il costume che ho praticato fin ora di porre sotto il titolo di ciascheduna Commedia il luogo e il tempo della prima sua rappresentazione, ponno facilmente quei che sono di ciò curiosi, soddisfarsi anche in questo, ed osservarne ad evidenza l’ordine e la successione. Ciò forse interesserà qualcheduno, con animo di rilevare come di mano in mano coll’uso quotidiano di scrivere sia andato io migliorando le mie produzioni, ma la regola non è sicura, poichè trattandosi di operazioni di spirito, dipende l’esito il più delle volte dalla disposizione [p. 3 modifica]accidentale dell’animo, anzichè dall’arte stabilita e provetta; quindi è, che fra le opere di qualunque Scrittore sovente le prime sono migliori dell’ultime e talvolta l’ultime delle prime, e spesso avvi quella vicenda fra esse di buone e di cattive, che è l’effetto della disposizione sopraccennata.

Io forse più di tutti sarò caduto in disuguaglianza di condotta, di pensiero, di stile, a causa delle tante cose in pochi anni prodotte e della fretta con cui parecchie volte ho dovuto scrivere, e per la poca voglia che bene spesso ne avea. Presentemente le mie correzioni daranno alle Opere mie un poco più di uguaglianza, rendendole a miglior coltura di stile, di lingua e di buone frasi, ma ciò non ostante saprà dire il Lettore accorto: Questa fu scritta dall’Autore, di genio: quest’altra l’ha composta di mal umore. A ciò non vi è rimedio che giovi. Quando la pianta non è felice, la macchina non può mai raddrizzarsi perfettamente. Io per altro con quella ingenuità che non ho mai saputo alterare, ho confessato in pubblico la buona e la trista sorte, ch’hanno sortito le Opere mie sul Teatro, e seguirò sempre collo stesso sistema.

Mi valerò pertanto nelle Commedie altre volte stampate delle prefazioni medesime, riguardo all’interesse o all’avventure di esse, togliendo via soltanto ciò che riguardava la sola circostanza del tempo, in cui le ho scritte la prima volta, e qualche cosa aggiungendo, che abbia maggior rapporto alle congiunture presenti. Fra le Dediche parimenti di questa nuova edizione vi saranno le medesime, da cui onorate furono le Commedie mie anteriormente stampate, ed essendo mancato di vita alcuno de’ miei Mecenati, non lascierò di venerare la di lui memoria, imprimendo le stesse lettere in questi fogli.

Ecco dunque alla luce del Mondo il primo Tomo della nuova edizione delle mie Commedie, ed eccolo a fronte di altre dieci Edizioni, che lo hanno fin or prevenuto, ed hanno, posso dir senza ostentazione, empito il Mondo delle Opere mie, onde la maggior guerra ch’io soffro, è quella che mi vien fatta da me medesimo. Cinque edizioni del Bettinelli, una del Pitteri in Venezia, la mia di Firenze, quantunque spacciata prima ancora di terminarla; le [p. 4 modifica]ristampe di Pesaro, di Torino, di Napoli, di Bologna; le traduzioni in Francese, in Inglese, in Tedesco dovevano certamente disanimarmi ad intraprenderne una di tutte le altre più dispendiosa, e per conseguenza più difficile ad esitarsi.

Ma appunto là dove potea avvilirmi, ho preso argomento di animosità e di speranza, ragionando fra me medesimo in cotal modo: Se tanta e sì inaspettata fortuna ebbero le produzioni mie fin ad ora, in una maniera cui, modestamente parlando, chiamerò mercantile, con una economia di carta e di caratteri, che basterebbe a screditare il miglior libro del mondo, con iscorrezioni patentissime e grossolane, non potrò io sperare miglior ventura, spendendo assai più in carta, in caratteri, in rami, e lungo tempo impiegando nella riforma e nella correzione delle opere stesse? Sì, mi dirà taluno, tu dici bene e ti potresti lusingare moltissimo, se il tuo libro avesse lo stesso prezzo degli altri, e non lo volessi vendere al doppio. Caro amico, rispondo io, non siete voi di quelli che amano l’eleganza, la pulizia, gli ornamenti? Se non lo siete, vi compatisco; servitevi a tre paoli al Tomo, dove vi aggrada: io mi affatico presentemente per le persone di miglior gusto, e non è di esse sì scarso il numero, ch’io diffidi di essere delle mie attenzioni ricompensato.

Era poi giusto ch’io procurassi una volta di rendere a miglior forma ed a miglior lettura le cose mie, per lasciare miglior memoria di me a’ miei posteri, e recar meno disonore alla Patria mia. Il celebre M. Voltaire, di cui avrò occasione di parlare più lungamente innanzi alla quarta commedia di questo tomo, mi scrive in una sua lettera de’ 12 giugno 1761: Je veux1 que la petite fille du grand Corneille que j’ai l’honneur d’avoir chez moi, aprenne l’Italien dans vos pièces. Elle y aprendra en même temps tous les devoirs de la société, dont tous vos écrits donnent des leçons etc. Da altri moltissimi Oltramontani ho inteso dire, a mia confusione, che si valevano de’ miei Tomi per imparar la lingua Italiana. So bene che le opere mie non vengono in ciò preferite pel merito del loro stile, ma in grazia della materia, piacevole [p. 5 modifica]per se stessa e conosciuta per tutto. Pure io sono in debito di purgarle, per quanto posso, dai difetti di lingua, per non ingannare i stranieri che di me si fidano, e per non fare un torto alla nostra Italia medesima. Procurerò di farlo colla maggior esattezza possibile, e là dove sarò forzato di usare le parole o le frasi Veneziane o Lombarde, darò in piè di pagina la traduzione. Non prendo impegno per altro di scrivere quel Toscano, che usavasi a’ tempi del Boccaccio, del Berni e d’altri simili di quella classe, ma come scrivono i Toscani de’ giorni nostri, quali si vergognerebbono di usare que’ riboboli, che sono rancidi e della plebe, e abbisognano di commento e di spiegazione per gli stranieri non solo, ma ancora per la maggior parte degl’Italiani. Rispetto questo, venero e stimo chiunque si è reso in stile eccellente. Non è malfatto, anzi è lodevolissimo, che siavi chi prenda cura di conservare una lingua, che è quasi morta, poichè dagl’Italiani medesimi inusitata; ma Dio mi guardi che io di ciò m’invaghisca; dovrei pensare a tutt’altro che a scrivere pe’l teatro e a dar piacere all’universale. Due volte mi son provato di farlo. Una volta seriosamente nella Scuola di ballo, ed ho riscosso poco meno che le fischiate; un’altra volta in caricatura nel Tasso, e ne ho riportato l’universale compiacimento. Che vuol dir ciò? Il Lettore ne tragga la conseguenza.

Orsù quel che ho detto fin ora potrà bastare, perchè non vada nuda affatto di qualche preliminare ragionamento una nuova edizione. Ma poteasi anche ciò risparmiare. Nulla ho detto che non vaglia il Lettore a raccogliere da se medesimo, e chi volesse per avventura fare il confronto di questa mia edizione coll’altre, rileverà molto più ch’io non dico, e comprenderà se abbia io mantenuto decentemente quanto ho ne’ miei manifesti promesso, da che ne risulteranno due cose buone, una pei leggitori, l’altra per me. Per essi, m’intendo, il diletto e la compiacenza, e per me l’utile ed il decoro; due motivi che non isconvengono fra di loro, e che hanno servito di sprone a tanti altri galant’uomini di questo Mondo.


Note

  1. Il testo ha: veus. - Ed.