Opere (Lorenzo de' Medici)/XV. Canzoni a ballo/Canzone XXVIII.
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XV. Canzoni a ballo - Canzone XXVII. | XV. Canzoni a ballo - Canzone XXIX. | ► |
xxviii
— Io son suta consigliata
da te in modo, madre mia,
ch’io non credo alcuna sia,
piú di me, lieta o beata.
Ieri un giovane gentile
mi si offerse innanzi al viso
con un atto dolce e umíle.
Cominciommi a guatar fiso;
femmi un certo ghigno o riso,
che dicea, sanza dir nulla:
— Piú di me t’amo, fanciulla. —
Presto m’ebbe innamorata.
Destramente per la mano
poi mi prese accortamente,
che nessun, presso o lontano,
non se ne avvide niente;
la mia man, che la sua sente,
presto quella strinse e prese,
fece in modo, che palese
non fu alcun della brigata.
E’ mi messe un piè in sul mio,
sí che impolverò la cotta;
poi mi disse aver disio
di parlar meco a cert’otta,
soli al buio e non in frotta;
io da prima non lo intesi,
poi pe’ suoi cenni compresi,
e rimbeccai la ballata.
Disse mi volea parlare
di tal cose, ch’arei caro:
com’io lo stetti ascoltare,
non pote’ far piú riparo;
e risposi tutto chiaro:
— Trar ti vo’ di questa noia;
io non vo’ che per me muoia:
ecco io sono apparecchiata. —
Onde che stanotte venne
per un luogo molto strano;
s’egli avessi avuto penne,
era troppo a venir sano;
e ne venne a me pian piano,
dove io ero in sul mio letto...
S’io dicessi il gran diletto,
so da te sare’ invidiata.
Tanto ci stemmo a quel modo,
che alfin fu contento e sazio;
mentre lo racconto, io godo:
pur mi parve un brieve spazio.
Madre mia, io ti ringrazio
del ricordo che mi desti,
perché mai cosa facesti,
che a me fussi piú grata. —
Donne mie, pigliate esemplo
da costei, che seppe fare:
ché, se ’l vero ben contemplo,
Chi può far non dé’ tardare;
perché spesso l’indugiare
fa scoprir cose secrete:
fate, mentre che potete,
ch’altri poi non è lasciata.