O bella età dell'oro
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(Pastor Fido. Atto IV, sc. IX)
Quand’era cibo il latte
Del pargoletto mondo, e culla il bosco;
E i cari parti loro
5Godean le gregge intatte,
Nè temea il mondo ancor ferro nè tôsco!
Pensier torbido e fosco
Allor non facea velo
Al sol di luce eterna:
10Or la ragion, che verna
Tra le nubi del senso, ha chiuso il cielo;
Ond’è che pellegrino
Va l’altrui terra, e ’l mar turbando il pino.
Quel suon fastoso e vano,
15Quell’inutil soggetto
Di lusinghe, di titoli e d’inganno,
Ch’Onor dal volgo insano
Indegnamente è detto,
Non era ancor degli animi tiranno,
20Ma sostener affanno
Per le vera dolcezze;
Tra i boschi e tra la gregge
La fede aver per legge
Fu di quell’alme, al ben oprar avvezze,
25Cura d’onor felice,
Cui dettava Onestà: ‘ Piaccia, se lice.’
Allor tra prati e linfe
Gli scherzi e le carole
Di legittimo amor furon le faci;
30Avean pastori e ninfe
Il cor nelle parole;
Dava lor Imeneo le gioie e i baci
Più dolci e più tenaci:
Un sol godeva ignude
35D’amor le vive rose:
Furtivo amante ascose
Le trovò sempre, ad aspre voglie e crude
O in antro, o in selva, o in lago;
Ed era un nome sol marito e vago.
40Secol rio. che velasti
Co’ tuoi sozzi diletti
Il bel dell’alma, ed a nudrir la sete
Dei desiri insegnasti
Co’ sembianti ristretti,
45Sfrenando poi l’impurità segrete!
Così, qual tesa rete
Tra fiori e fronde sparte,
Celi pensier lascivi
Con atti santi e schivi:
50Bontà stimi il parer, la vita un’arte,
Nè curi (e párti onore)
Che furto sia, purchè s’asconda, amore.
Ma tu, deh! spirti egregi
Forma ne’ petti nostri,
55Verace Onor, delle grand’alme donno!
O regnator de’ Regi,
Deh torna in questi chiostri
Che senza te beati esser non ponno.
Destin dal mortal sonno
60Tuoi stimoli potenti
Chi per indegna e bassa
Voglia seguir te lassa,
E lassa il pregio dell’antiche genti.
Speriam, chè ’l mal fa tregua
65Talor, se speme in noi non si dilegua:
Speriam, chè il sol cadente anco rinasce;
E ’l Ciel, quando men luce,
L’aspettato seren spesso n’adduce.