O Auguste Donne, o dell'antico e chiaro
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Gio. Pietro Zanotti
III1
O Auguste Donne, o dell’antico e chiaro
Tronco Estense bei germi, a Voi si debbe
Che il miserando, e crudel fin non ebbe
Questo lavoro sovr’umano, e raro;
5Lavor di lui, che in riva al bel Panaro
Nacque, e pingendo a tant’onor quì crebbe,
Che invidia il Tebro all’Arno esser potrebbe,
Nè forse ha Grecia chi por seco al paro.
Sì, senza Voi l’opre, chè intatte or vede
10Bologna ancor, sarìan polve; e ruine,
E a’ Saggi di dolor vivo argomento.
Ah perch’egli non torna! Egli in mercede
Vostre leggiadre forme alme e divine
Farebbe oggetto a cento lustri, e cento.
Note
- ↑ Alle Principesse d’Este, che salvarono in Bologna le pitture inestimabili di Nicolò dell’Abate.