Novellino/XXXII
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Messere Imberal dal Balzo, grande castellano di Proenza, vivea molto ad algura a guisa espagnola: — et un filosafo ch’ebbe nome Pittagora fu di Spagna, e fece una tavola per istorlomia la quale, secondo i dodici segnali, v’erano molte significazioni d’animali: quando li uccelli s’azzuffano, quando uomo truova la donnola nella via, quando lo fuoco suona, e delle giandae e delle gazze e delle cornacchie: così di molti animali molte significazioni secondo la luna.
E così messere Imberal, cavalcando un giorno con sua compagnia, andavasi prendendo guardia di questi uccelli, perché si temea d’incontrare algure. Trovò una femina in uno camino; domandolla e disse:
«Dimmi, donna: hai questa mattinata veduti di questi uccelli grandi, siccome corbi, cornillie o gazze?»
E la femina rispuose:
«Ségner oc, ie‘u’ vi una cornacchia in su uno ceppo di salce».
«Or mi di’, donna: enverso qual parte tenea volta sua coda?»
«Sua coda, ségner?» rispuose la femina. «Ella tenea sua coda volta verso ’l cul, ségner».
Allora messere Imberal temeo l’agura e disse a sua compagnia:
«Coveng a Dieu que ie‘u’ non cavalgarai ni ‘h’ui ni dema ‘e’n aquest’agura»;
e molto si contò poi la novella in Proenza, per novissima risposta ch’avea fatta, sanza pensare, quella femina.