Novellino/XXIX
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Uno cavaliere di Lombardia era molto amico dello ’mperadore Federigo, et avea nome messer G., il quale non avea reda nulla che suo figliuolo fosse: bene avea gente di suo legnaggio.
Puosesi in cuore di volere tutto dispendere alla vita sua, sicché non rimanesse il suo dopo lui. Estimò quanto potesse vivere, e soprapuosesi bene anni diece; ma non si soprapuose tanto: ché, dispendendo il suo e consumando e scialacquando, li anni sopravennero e soperchiolli tempo. Rimase povero, ch’avea tutto dispeso.
Puosesi mente nel povero stato suo, e ricordossi dello ’mperadore Federigo, ché grande amistade avea co·llui e nella sua corte molto avea dispeso e donato. Propuosesi d’andare a·llui, credendo che l’accogliesse a grande onore.
Andò allo ’mperadore e fu dinanzi da lui. Domandò chi e’ fosse, tuttoché bene lo conoscea. Quelli li racontò suo nome. Lo ’mperadore lo domandò di suo stato. Il cavaliere li contò tutto sì come si propuose, e come il tempo li era soperchiato et avea tutto dispeso. Lo ’mperadore rispuose:
«Esci fuor di mia corte! E, sotto pena della vita, non venire in mia forza, perciò che tu se’ quelli che non volei che dopo i tuoi anni niuno avesse bene».