Novellino/V
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Davit re stando per la bontà di Dio, che di pecoraio l’avea fatto signore, li venne un giorno in pensiero di volere al postutto sapere quanti fossero per numero i sudditi suoi: e ciò fu atto di vana gloria, onde molto ne dispiacque a Dio: e mandolli l’angelo suo, e feceli così dire:
«Davit, tu ha’ peccato. Così ti manda a dire lo Signore tuo: o vuoli tu stare tre anni infermo o tre mesi nelle mani de’ nemici tuoi, o vuogli stare al giudicio delle mani del tuo Signore?».
Davit rispuose:
«Nelle mani del mio Signore mi metto: faccia di me ciò che li piace».
Or che fece Iddio? Punillo secondo la colpa, ché quasi la maggior parte del populo suo li tolse per morte: acciò ch’elli si vanagloriò nel grande novero, così li scemò e appicciolò il novero.
Un giorno avenne che, cavalcando, Davit vide l’angelo di Dio con una spada ignuda, c’andava uccidendo il popolo; e, comunque elli volle colpire uno, e Davit smontoe subitamente e disse:
«Messere, mercé: non uccidete l’innocenti, ma uccidi me, cui è la colpa».
Allora, per la dibonarità di questa parola, Dio perdonò al popolo, e rimase l’uccisione.