LXXX

../LXXIX ../LXXXI IncludiIntestazione 22 settembre 2009 75% Novelle

LXXIX LXXXI
Qui conta una novella che disse messer Migliore delli Abati di Firenze

Messere Migliore delli Abati di Firenze siando in Cicilia al re Carlo per impetrare grazia che sue case non fossero disfatte (il cavaliere era molto bene costumato, e ben seppe cantare, e seppe il provenzale oltre misura bene proferere), cavalieri leggiadri di Cicilia fecero per amor di lui un grande corredo; et egli vi fue.

Or venne che furono levate le tavole; menarolo a donneare; mostrarli loro gioelli e loro camere e loro diletti, intra ’ quali li mostrarono palle di rame stampate, nelle quali ardeano aloe et ambra; e del fumo che n’uscia oloravano le camere loro. In questo parlò messere Migliore e domandò:

«Questo che diletto vi rende? Ditelmi, per cortesia».

Fugli risposto:

«In quelle palle ardiamo ambra et aloe, onde le nostre donne e le camere sono odorifere».

Allora parlò messer Migliore e disse:

«Signori, male avete fatto: questo non è diletto».

Li cavalieri li fecero cerchio intorno domandando il perché; e, quand’elli li vide affisati a udire, e que’ disse:

«Signori, ogni cosa tratta della sua natura, ma’ tutta è perduta».

E que’ domandaro come; ed elli disse che il fumo dell’aloe e dell’ambra dà loro perduto il buon odore naturale: ché la femina non vale neente, se di lei non viene come di luccio passato.

Allora i cavalieri di ciò cominciaro a fare gran sollazzo e gran festa, del parlare di messer Migliore.