Novellino/LXXX
Questo testo è completo. |
◄ | LXXIX | LXXXI | ► |
Messere Migliore delli Abati di Firenze siando in Cicilia al re Carlo per impetrare grazia che sue case non fossero disfatte (il cavaliere era molto bene costumato, e ben seppe cantare, e seppe il provenzale oltre misura bene proferere), cavalieri leggiadri di Cicilia fecero per amor di lui un grande corredo; et egli vi fue.
Or venne che furono levate le tavole; menarolo a donneare; mostrarli loro gioelli e loro camere e loro diletti, intra ’ quali li mostrarono palle di rame stampate, nelle quali ardeano aloe et ambra; e del fumo che n’uscia oloravano le camere loro. In questo parlò messere Migliore e domandò:
«Questo che diletto vi rende? Ditelmi, per cortesia».
Fugli risposto:
«In quelle palle ardiamo ambra et aloe, onde le nostre donne e le camere sono odorifere».
Allora parlò messer Migliore e disse:
«Signori, male avete fatto: questo non è diletto».
Li cavalieri li fecero cerchio intorno domandando il perché; e, quand’elli li vide affisati a udire, e que’ disse:
«Signori, ogni cosa tratta della sua natura, ma’ tutta è perduta».
E que’ domandaro come; ed elli disse che il fumo dell’aloe e dell’ambra dà loro perduto il buon odore naturale: ché la femina non vale neente, se di lei non viene come di luccio passato.
Allora i cavalieri di ciò cominciaro a fare gran sollazzo e gran festa, del parlare di messer Migliore.