Montenero/Cap. II.
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Capitolo II.
Prima del secolo XIV sono oscure e incerte le notizie intorno a Montenero che si vuole chiamato così per le folte boscaglie che lo ricoprivano e che lo fecero apparire molto da lungi bruno e nereggiante; o come scrissero Iacopo e Antonio Terreni, per quel cupo che mostra a riguardarlo perchè composto quasi intieramente di gabbro, il quale è una specie di pietra fra il color verde e il nero, ed uguaglia in durezza il marmo, se non che è alquanto vetrino e facilmente si sfalda1 Ma è più probabile che il nome gli sia venuto da causa che colpiva i sensi e sia d’origine popolare e non scientifica, come è accaduto di parecchi luoghi d’Italia, fra i quali mi contenterò di ricordare Montemorello, poggio che limita il pittoresco orizzonte di Firenze dalla parte di settentrione e che fu chiamato così, secondo i più, per le quercie e gli abeti che gli davano la tinta bruna.
Nel più antico medio evo debbono essersi trovati in queste colline sale, salette, resedi e corti. Nel periodo longobardo e carolingio esse furono numerose nelle colline inferiori pisane, nè può credersi non ve ne fossero in questi monti livornesi, ai quali la vicinanza al mare dava qualche importanza. La denominazione Waralda, che è verisimilmente longobarda, e della quale rimane un ricordo nella voce quarata, onde anche oggi si designa un luogo delle colline di Montenero, può attestarci l’esistenza di un castello vetustissimo in questi luoghi2.
Montenero, insieme al territorio dell’antico villaggio e castello di Livorno, appartenne alla celebre contessa Matilde che nel 1103 donò, come è notissimo, alla fabbrica della Primaziale Pisana e terminata questa, ai suoi canonici, il castello e la corte di Livorno, con tutte le sue appartenenze; donazione confermata dall’imperatore Enrico V nel 1116. L’Opera poi di S. Maria di Pisa, scrive Mons. Tausch, nell’anno 1120 o nel susseguente, per mezzo di Ildebrando giudice e sole dei Pisani, vendè ad Azzo o Attone, arcivescovo di quella città, creato cardinale dal pontefice Calisto II, l'istesso castello e corte di Livorno colle sue pertinenze e quindi anche Montenero, che nel secolo XII appartenne adunque agli arcivescovi di Pisa, del pari che la maggior parte del territorio pisano. Senonchè, malgrado le riferite donazioni, pare che gl’imperatori, come nota il Targioni-Tozzetti3 pretendessero il dominio sopra Livorno e il suo territorio e lo dessero perciò in feudo come cosa loro. Corrado III, in un Diploma riportato dall'Ughelli e dato in Norimberga il 9 luglio 1138, tra le altre grazie concesse alla chiesa pisana, decretava irrito e nullo il feudo di Livorno concesso irragionevolmente (irrattonabillter), ai Marchesi Guglielmo Francigena e suoi fratelli; e ciò confermò l’Imperatore Federigo Barbarossa nel 1171. Che i Marchesi chiamati Francigena usurpassero il dominio sopra Livorno e le sue pertinenze fra le quali eran compresi Montenero e Salviano, si rileva da un documento che dal Campione Verde della Comunità trascrisse il P. Santelli. Da esso ricavasi che nel 1361 Corsuccio figlio del fu marchese Lemmuccio del Quondam Corso, renunziava spontaneamente al Comune del Villaggio di Livorno, ogni sua azione feudale. Questo pubblico strumento, stipulato nella chiesa di S. Maria de Liburno, stabiliva di cedere con titolo di donazione irrevocabile fra i vivi, ai due consoli e sindaci di Livorno, stipulanti pel Comune medesimo, ogni azione e ragione feudale dell’anzidetto marchese, sul Comune e territorio di Livorno, dall’intero piano del Porto, ed infino sopra Montenero, relativamente al pascolo del bosco, erbatico e delle acque, sì nel domestico che nel silvestre. Ed il Targioni-Tozzetti opina che gli Arcivescovi pisani sebbene assoluti padroni del castello di Livorno e sue appartenenze, sieno stati costretti di rilasciare il dominio ai suoi marchesi col titolo a feudo; domini che quei marchesi ritenevano ancora nell’anno al quale la tradizione riporta la manifestazione della Madonna. Fin qui il Tausch che raccolse queste notizie dal Targioni-Tozzetti e dal Muratori.
E poi opinione non senza qualche fondamento che il primitivo villaggio di Montenero fosse attorno al Castello, di cui fra breve parleremo, ma dalla parte opposta a quello d’oggi, sorto e cresciuto pel culto all’Immagine di Maria. Le ricerche fatte dal Vivoli in compagnia del Gower per queste colline nel marzo del 1844, secondochè recavasi da memorie manoscritte del nostro Annalista, lo portano a conchiudere, ne in ciò potrei contradirlo, che prima assai che la divozione popolasse di case e di ville il versante che guarda Livorno, si estendeva il villaggio di Montenero oltre il Castello, detto poi Castellacelo per un tratto di quasi due miglia, non con strade e case riunite a formare un corpo solo di abitazioni, ma a fabbriche isolate e sparse qua e là, possedendo nelle sue parti estreme due chiese. Il Vivoli afferma ancora, ma di ciò sarebbe desiderabile qualche più sicura testimonianza, che dove sorge la casa detta oggi la Collina fosse stato eretto nel medioevo un convento, forse quello ricordato nel 1371; e che poco lontano da esso e sull’antichissima via maremmana si trovava un giorno il piccolo spedale mantenuto e governato dai monaci dello stesso convento. A conferma di ciò l’Annalista ricorda che nella casa della Collina il Gower gli mostrò un’iscrizione marmorea nella quale si menzionava lo spedale della SS. Annunziata e di S. Ranieri a cui apparteneva il diretto dominio di quel feudo.
E visitando il luogo che dai più vecchi del paese era chiamato allora, com' è chiamato oggidì. Santa Broccaia, il Vivoli narra di aver ritrovate alcune fondamenta che indicavano esser ivi esistita una fabbrica di qualche considerazione e resti di vecchie muraglie alte due braccia che partivano da due lati opposti e andavano a riunirsi ad un avanzo di torre rotonda che fu forse il fortilizio del luogo; o l’una e l’altra cosa insieme, come spesso avveniva nel medioevo. Nello stesso luogo e nella parte superiore del colle egli osservò inoltre visibili qua e là i resti di antiche mura e di case, che insieme ad anelli d’argento e d’oro, fibule, avanzi di spade romane, urne cinerarie, lumi eterni, lacrimatori e vasi, tutto ritrovato dal Gower in questi luoghi, da non confondersi cogli scavi di Quercianella posteriormente fatti, attestano aver esistito in questi colli non solo nel medio evo ma anche nell’antichità uno sparso villaggio.
Che a Montenero esistesse un villaggio prima della manifestazione della Madonna, non proprio dalla parte ove sorse, dopo l’edificazione del Tempio della Vergine, ma attorno al castello e verso la parte di mezzogiorno e di scirocco, è stato affermato più volte. A tempi dell’ Oberhausen (prima metà del secolo XVIII) si scuoprivano ancora, poco sopra del Castellacelo, verso mezzodì, molti segni di fondamenti di case che in più parti disperse continuavano per lungo tratto sempre dal lato meridionale; ed in mezzo a quei fondamenti si Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/46 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/47 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/48 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/49 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/50 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/51 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/52 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/53 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/54 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/55 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/56 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/57 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/58 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/59 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/60 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/61 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/62 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/63 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/64 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/65 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/66 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/67 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/68 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/69 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/70 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/71 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/72 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/73 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/74 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/75 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/76 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/77 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/78 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/79 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/80 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/81 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/82 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/83 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/84 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/85 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/86 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/87 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/88 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/89 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/90 Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/91
- ↑ Cit. in Fontani, Viaggio pittorico della Toscana, Firenze 1818, Voi. II, pag., 219, capitolo su Montenero.
- ↑ Nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Pisa, la pergamena 58, del 962; quella segnata col numero 84 del 1007; e la 90.ma del 1013 ricordano il luogo detto Waralda, ov’era una chiesa intitolata a Santa Giulia v. e m.
- ↑ Cit. in Tausch, Istoria apologetica della prodigiosa Immagine di Maria SS. di Montenero, Livorno, presso Bertani, Antonelli e C, 1845, p. 85-86. 3