Monete nuove di Ludovico XII

Giuseppe Ruggero

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Annotazioni numismatiche genovesi:
XXIII
Monete nuove di Ludovico XII Intestazione 26 settembre 2016 75% Da definire

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1893
Questo testo fa parte della serie Annotazioni numismatiche genovesi

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XXIII.

NUOVE MONETE DI LUDOVICO XII.



Fin da quando ho avuto conoscenza per la prima volta del ducato in argento del re Ludovico XII1, io faceva a me stesso la seguente domanda: cioè se quel tipo speciale colle istrici fosse stato improntato su quella sola moneta per distinguerne maggiormente r importanza eccezionale, oppure se non fosse stato scelto per tutta una serie che avesse a capo quel superbo multiplo. Questa seconda supposizione mi sorrideva più della prima, parendomi poco probabile [p. 179 modifica]che quella moneta dovesse starsene isolata, mentre qualche tempo prima si era coniata la bella serie dello Sforza coll’egual pezzo da 3 lire accompagnato da tutti i suoi sottomultipli, E per questo non mi trovavo impreparato alla comparsa di qualche nuovo pezzo colle istrici, fatto che si è verificato più presto di quanto credevo colla notizia di un bel testone da 20 che si conserva nella ricca collezione del sig. Policarpo Lamberti da Savona. Sono debitore della comunicazione a quel dotto archeologo che è il cav. Vittorio Poggi, il quale mi procurò in seguito il calco e la licenza di pubblicazione dal fortunato possessore, mettendomi in grado di presentarne il disegno nella presente.

D/ – + • LVD • XII • REX • FRAN • lANVE • D •

Scudo di Francia coronato ed accostato da due istrici.

R/ – + File:Five-petal flower icon.white.svg

Croce patente tra 4 stelle sopra al castello.
Argento — peso gr. 12,50 (V. figura 1).

È dunque un testone da venti soldi come tutti quelli che si trovano descritti nelle nostre tavole dal n. 908 al 923, non differendone né in diametro ne in peso; ma invece del solito tipo del semplice scudo coronato al dritto e della croce sul castello tra due stelle al rovescio, ha le istrici e le 4 stelle attorno alla croce del rovescio. In altri termini è la esatta riproduzione del tipo del ducato d’argento da 60 soldi, e forma quindi una serie a parte con quello avendone anche lo stesso zecchiere A C.

Vorrei poter fare qualche considerazione circa la successione cronologica fra questa e le altre monete di Ludovico XII, ma le iniziali dei zecchieri durante il dominio di questo re, non ci forniscono sufficienti criterii. Nel primo periodo, 1499-1507, abbiamo notizia [p. 180 modifica]di due soli soprastanti, Franciscus de Guirardis nel 1500 e Stephanus de Brevei nel 1502. Nel secondo, 1507-1512, di altri due, Ambrosius de Camilla 1508, ed Augustinus Calvus 1509, i quali si confondono sulle monete per le comuni iniziali A C, che vediamo su tutte le specie meno che sul testone leggero. Non abbiamo notizia alcuna dell’altro soprastante I G, il quale comincia soltanto a comparire in alcune monete del primo periodo, segna i testoni della rivolta e quindi al pari dell’A C lo si vede su tutte le specie del secondo periodo, riserbandosi esclusivamente il citato testone leggero. Parrebbe dunque che l’I C avesse funzionato negli ultimi anni vicino al 1507 questo compreso, riprendendo quindi la carica per tutto o parte del tempo compreso tra il 1510 ed il 1513; senza poter dire se il testone leggero2) sia del 1507 o dopo il 1510. Non possiamo neanche asserire che queste sigle rappresentino una sola persona, potendo ripetersi per questo il caso di quelle A C.

Dopo questa importante aggiunta alla monetazione della Signoria di Ludovico XII dal 1507 al 1512, non sarà infondata la speranza che possano venir fuori altre monete al tipo delle istrici, come sarebbe a dire qualche spezzato del testone, ma specialmente il mezzo ducato da trenta soldi, fortuna [p. 181 modifica]che io auguro presto a qualcuna delle nostre collezioni Italiane e Liguri.

Lasciando ora le monete cosidette nobili, mi tocca rientrare ancora una volta, e forse non sarà l'ultima, nel campo dei minuti. Ma non provo in oggi l’abituale compiacenza, causa le anomalie che si presentano nei denarini che qui descriverò, e che tuttavia indubbiamente riconosco appartenere al re Ludovico XII.

Già da qualche tempo ne aveva tre, i quali al dritto portano le iniziali L • R • precedute dalla crocetta, e seguite da tre lettere a sinistra, delle quali o non rimane traccia o tutt’al più le estremità inferiori. Al rovescio si leggono le iniziali C • I • A • C • L’unica interpretazione possibile delle tre ultime lettere al dritto, per quanto me lo permettessero le estremità delle stesse in relazione alle prime due, era quella di F • I • D; ma non poteva tenermene sicuro per la mancanza di un giglio sul castello. Quella del rovescio si presentava facile e sicura colle iniziali della leggenda tipica del secondo periodo di re Ludovico XII, seguite da quelle del zecchiere A C, ma in patente opposizione col castello del dritto.

Aveva messo in disparte le monetine nella speranza di scoprire esemplari più completi, quando una comunicazione del Ch. Prof. Cav. Mariani dell’Università di Pavia venne a togliermi ogni incertezza e confermarmi nella primitiva lezione. Egli mi inviava un calco di un suo minuto quasi completo, di buonissima conservazione, portante la stessa leggenda dei miei, ma col zecchiere I C, che riporto disegnato al n. 2. Non è dunque più il caso di indugiare maggiormente, non essendo più possibile alcun dubbio, di fronte a questo esemplare del Cav. Mariani che ho potuto vedere e servirmene a precisare il disegno già preparato sul calco. La lezione di questi minuti [p. 182 modifica]non può essere diversa da questa che risulta evidente e completa nel numero 2, cioè: LVDOVICVS REX FRANCORVM IANVE DOMINVS : e COMVNITAS IANVE I C oppure A • C •

Ho creduto bene, secondo il solito, di non limitarmi alla figura di un solo esemplare; oltre ai zecchieri ed alle differenze dei punti e rosette, anche le altre minori varianti di conio hanno la loro importanza, per cui unisco i disegni di quattro dei cinque conosciuti, avendone avuto un altro in questi ultimi giorni.

1. D/ – + L R • – F I D

Tipo solito.

R/ – C I C

Tipo solito.
Bassa lega. CC. Peso gr. 0,583. — Coll. Mariani (V. figura 2)

2. – D/ + •L • R — F • I • D

Tipo solito.

R/ — ..... I • – • A • – ....

Tipo solito.
C2 — Peso gr. 0,41. — Coll. dello scrivente (V. figura 3).

3. D/ –  + L • R • — .....

Come sopra, ma globetti grandi.

R/ – •C• – ..... — ....... – •C•

Solito, ma cerchio interno molto stretto.
C1. — Peso gr. 0,35. — Coli, come sopra (V. figura 4).

4. D/ — + . L • R • — estremità inferiore delle solite lettere.

Tipo solito.

R/ — •C• — •I• — A — •C•

Solito, cerchio stretto.
C2. — Peso gr. 0,46. — Coll. come sopra (V. figura 5).

[p. 183 modifica]5. — È una variante di conio del numero precedente.

C3. — Peso gr. 0,46. — Coll. come sopra.

Circa le gravi anomalie che mi tenevano in forse non c’è che dire; esistono infatti e non vi sarà alcuno che non le avverta appena vedute le figure.

Lodovico XII colle prime convenzioni manteneva il tipo della moneta, cioè il castello al diritto, la croce col nome del re Corrado al rovescio, alla condizione che fosse posto il proprio nome al diritto con un giglio. Per unica eccezione nel primo periodo abbiamo i minuti del Governatore di Cleves (V. Annot. XX in Rivista del 1890), coniati col nome di questi e privi del giglio. Dopo la rivolta del 1507, distrutte le convenzioni, il re modificava il tipo monetale, e vi introduceva la nuova leggenda COMVNITAS IANVE, ad indicare che riconosceva solamente il Comune, ma non più altro governo politico che il proprio dominio. In conseguenza, il diritto di questi minuti parrebbe escludere il secondo periodo, per il castello e più ancora per l’assenza di un giglio almeno: ed il rovescio escluderebbe assolutamente il primo periodo, per la leggenda non mai usata prima del 1507. Ma per quanto sembrino incompatibili tra di loro dritto e rovescio, non si potrebbe mai assegnare la monetina alla prima epoca per la leggenda del rovescio e per le sigle A C.

Di fronte ad una anomalia apparentemente gravissima non è facile tentare una spiegazione che non lasci adito a molti dubbi. Dovendo limitarci nel campo delle ipotesi, parmi che due sole siano possibili. O questo diritto del minuto, che al bisogno poteva passare per uno sbaglio involontario, era invece maliziosamente voluto malgrado il nuovo governo: oppure era una concessione di fatto al sentimento [p. 184 modifica]popolare, concessione che sulla moneta spicciola finiva per non essere gran cosa. Nel primo caso niente di straordinario che i modesti minuti potessero circolare nel popolo portando da soli il simbolo patrio sul diritto; e potevano liberamente circolare sicuri della propria piccolezza che li metteva in grado di non attirare soverchiamente l’attenzione del governo, il quale avrebbe potuto nel peggior caso contentarsi del nome regio e della nuova leggenda, tanto più che la volontà reale era stata completamente rispettata per le monete nobili. Ma io preferisco attenermi alla più semplice e naturale e perciò più probabile ipotesi a spiegazione del fatto: cioè che fosse apertamente concessa la coniazione di queste monete col castello al dritto, senza badar tanto pel sottile se l’intagliatore dimenticava più o meno innocentemente un giglio sul castello.

Se poi consideriamo la questione sotto un altro aspetto, l’anomalia del castello sul dritto di queste monetine, perderebbe ogni peso se pur non cesserebbe totalmente. Il tipo della nuova monetazione colla quale si dovevano abolire i segni repubblicani non è uniforme; è un fatto che la modificazione è più o meno completa secondo i metalli, cioè proporzionale alla importanza delle monete; per cui il castello che scompare assolutamente dalla monetazione in oro4, lo si vede ancora su quella argentea, ma relegato al rovescio. Ecco adunque che i nostri denarini vengono a formare un altro gradino che non sta male, anzi si acconcia mirabilmente a capo di questa scala. Infatti, a cominciare dalle nuove monete d’oro, il castello, come già dissi, sparisce, e il tipo non varia [p. 185 modifica]da quello francese che per l’IANVE • D • e per le iniziali di zecca. Passando al secondo gradino ossia alle monete di argento, si riscontra nell’applicazione dei nuovi ordini minor severità; il castello è tollerato sul rovescio in compagnia di una nuova leggenda, che sebbene restrittiva, è pur sempre genovese. Finalmente, all’ultimo gradino i nostri minuti palesano una maggior tolleranza, perchè, se hanno al rovescio la stessa leggenda delle monete d’argento, portano tuttavia il castello al dritto secondo il loro vecchio tipo.

Non vorrei che alcune varianti, nei particolari del conio, potessero indurre qualcuno nel dubbio di altre difficoltà. Nella fig. 5 abbiamo una rosetta dopo la prima iniziale del zecchiere, quasi ad indicare la fine della leggenda. Ma secondo me, non si dovrebbe attribuire soverchia importanza a questo particolare, di fronte agli altri esemplari che portano ogni iniziale indifferentemente tra due punti o due rosette.

Anche questa volta non mancherò di seguire l’abitudine ormai inveterata, di additare tuttociò che degli scritti antecedenti venga a trovarsi in condizione di dover essere modificato. Se nella XX Annotazione esprimeva l’opinione che i minuti del Governatore dovessero escludere quelli coniati a nome del re, ora son costretto dai fatti a limitarla almeno al primo periodo della dominazione di Lodovico XII.

Pizzighettone, Febbraio 1893.




Note

  1. Desimoni, Sui più antichi scudi d’argento della zecca di Genova. Dal Giornale ligustico, A. IV, 1877. Fu poi riprodotto in altre pubblicasioni, ed ora è compreso nelle Tavole genovesi al n. 900.
  2. Questo testone caratterizzato dalla croce posta lateralmente al castello (V. Tavole genovesi, n. 901-906), dovrebbe essere da soldi 15, ma il peso degli esemplari è minore di quanto occorre per quel valore. Nelle tavole citate abbiamo un maximum di gr. 8,29, ed un esemplare che ho avuto posteriormente raggiunge 8,32. Probabilmente è a questa moneta che si riferisce quel passo del Giustiniani, dove accenna all’angustia per il pagamento dei 200.000 scudi al re "e diminuirono il peso dei testoni e delle altre monete d’argento, e li accrebbero il precio.... „ (Annali, car. CCLXIII, E). In questo caso il testone leggero sarebbe del 1507, cioè anteriore al ducato ed alla serie dei testoni da 20, che hanno il peso corrispondente alla lira di quell’epoca.
  3. Non è questa la prima volta che qualche esemplare superi il peso legale, il quale, disceso a 0,534 nel 1490, continuò a decrescere sempre.
  4. Nè si dica che fosse una necessità tenere il tipo francese per coniare dei veri scudi del sole; bastano quelli di re Francesco I col castello ai diritto per provarci il contrario.