Memorie sulla dimora del sig. Cagliostro in Roveredo/VI
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Traduzione dal latino di anonimo (1789)
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VI.
E molta gente assediava ogni giorno, l’atrio di Festo, cercando vedere Cagliostro, e dai borghi e castelli, e da ogni vicin contorno si portavan a lui gli ammalati nelle corbe, o con materassi e letighe, talmente si empiva la piazza, ed affollandosi la moltitudine si comprimeva a vicenda. Ernesto poi, il quale era il prefetto dei medici della città, vedendo il tumulto, e l’opinione, che rinforzavasi, supplicò i Magistrati, acciocchè fosse interdetto dal più curare gl’infermi, dicendo, che secondo la legge, che abbiamo, non è lecito di far cure a chichessia, se non approvato dai Dottori, che fissò Cesare, per invigilare sopra la dottrina dei Medici; e chi non osserva la legge, s’oppone a Cesare, ed è reo. E si unirono d’accordo i Magistrati, e gli proibirono di più ordinare a qualsivoglia ammalato, e lo minacciarono. Egli poi a loro resistendo, protestava, e diceva. Io niente ordinai ad alcuno, se non colla presenza, ed approvazione del Medico di lui. E quelli, cui ordinai qualche cosa, voi sapete che stanno meglio. Ma neppur diedi alcuna medicina, che prima non ne abbia predetta la sua efficacia. Ed ecco che a me niuno chiamai, nè chiamo; a quelli poi, che vengono spontaneamente, come non risponderò loro? E tutti mi sono testimonj fin al giorno d’oggi, che nulla d’alcuno desiderai, e non ricevetti mercede dall’infimo al maggiore; ma, e di più ho soccorso i poveri, dando ad essi quanto fosse bisogno per fare la loro cura. E tutto il popolo gridava, e fremeva contro il Consiglio. I Magistrati poi ascoltando queste cose, stimarono dovergli far grazia, e gli permisero di curare gl’infermi. Egli poi sopportando ciò di mala voglia, desiderava di sottrarsi alla loro podestà, e trasferirsi di là dal fiume Adige nel borgo dei Lagarini, che si chiama Villa: ed eran ivi i Signori principali, che lo accoglievano con allegrezza. Volendo poi essi dargli un convitto, lo ricusò. Era poi il sesto giorno della settimana, quasi all’ora terza. E un certo Giuseppe padre di Giuseppe sacerdote; il quale soffriva grandi infiammazioni, cercava entrare da lui; e un certo giovine ottennegli per mezzo della moglie del Feudatario di quel luogo, che fosse ammesso. Era poi il nome del giovine, Clementino: ed entrò Giuseppe col figlio minore confidenzialmente.