Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo LVIII - Imposizioni e saccheggi.

Capo LVIII - Imposizioni e saccheggi.

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Capo LVII - Simulacro di M. V. Addolorata, trasportato dal Forte alla Collegiata. Capo LIX - Rinnovazioni dell’Amministrazione Civica ed arresto dell’Attuaro Sito.
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CAPO LVIII.


Imposizioni e saccheggi.


Quel giorno istesso in cui con tanto tripudio si festeggiò l’albero della libertà, sull’imbrunir della sera giunse un dragone da Cherasco portatore d’ordini pressanti pel pagamento nel termine di pochi giorni d’una contribuzione di lire 37m. da ripartirsi sui nobili e sui possidenti del territorio di Ceva.

A quest’inaspettata intimazione partì per Cherasco delegato della civica amministrazione l’attuaro Sito ed il segretario del municipio li 19 maggio 1796.

Rassegnarono per mezzo del commissario di guerra Deschamps la seguente supplica a Bonaparte e Salicetti.

«Cittadino comandante generale l'armata.

Cittadino commissario del Governo.

La città di Ceva reclama a voi cittadini sulla gravezza del contributo impostole.

Presenta perciò a voi accompagnati dalla verità e dalla giustizia i suoi richiami.

Voi avete tassato il comune di Ceva di lire trentasette mila. Voi commissario del Governo avete assicurato vocalmente i deputati di questo comune che la provvista fatta sulle requisizioni all’armata repubblicana avrebbero formato diffalco sul contributo.

Due oggetti perciò si presentano alla considerazione vostra. [p. 284 modifica] 1° La gravezza della tassa in ll. 37m.

2° Il pagamento eseguito di questa tassa sovrabbondantemente nei generi di prima necessità che eguagliano l’oro e l’argento.

Riguardate cittadini un atto della supplicante città coerente all’espressa intenzione della repubblica francese. Ella prescrive che il povero sia esente dal concorso al contributo.

Voi considerate che sotto a questo nome di povero sia compreso egualmente un povero nobile, un povero prete, un povero cittadino.

Il registro esigibile di questo comune è nella sua totalità di ll. 308; su questa deve estendersi il contributo secondo l’intenzione della repubblica.

Ed eccovi o cittadini obbligata la città ad estenderlo su d’una molto minore porzione di detto registro fatta la deduzione dei cittadini poveri non concorrenti.

Piacciavi di far esaminare gli stati della città di Mondovì e della città di Ceva.

La città di Mondovì è di maggior estensione, opulenta per fertilità di suolo e per ragion di commercio, fu da voi tassata a lire ottantamila. I migliori possidenti con un patrimonio di lire 300m. furono tassati non più di ll. 450.

La città di Ceva mancante di commercio colle campagne devastate dalle armate, fu tassata a lire trentasette mila.

Per compiere a questa tassa i pochi individui possidenti non più di lire ottantamila furono tassati a più di lire mille.

Calcolate ora o cittadini colla vostra saviezza, colla vostra umanità la diversità dei ruoli e delle quote, e poi riconoscete con noi che in giusta regola di proporzione la città di Ceva paragonata a quella di Mondovì fu esorbitantemente tassata.

Questa città neppure tacerà alla vostra considerazione [p. 285 modifica]che ella accolse senza resistenza l’armata repubblicana, che il di lei forte fu rimesso alla medesima in deposito.

Questa città perciò dovrebbe meritare una distinzione in confronto delle altre, che non si trovarono in simili circostanze, e non essere gravata d’una tassa maggiore.

La vostra commissione militare impone alla città di Ceva il pagamento interinale della metà di dette lire 37m., in oro od argento non avuto riguardo alle fatte somministranze.

Noi vi preveniamo, cittadini, che inutilmente si è rappresentato a questa commissione d’avere soddisfatto ai generi di prima necessità, pel valore di oltre quaranta mila franchi.

Essa ferma nei suoi decreti minaccia la città, e questa ha dovuto approvare la popolazione con esigerne il pagamento forzato in soli biglietti di finanza.

Cittadini, parte dell’armata repubblicana sbalzava allora dalle montagne senza alcuna provvista: voi generale comandante lo avete annunziato ai vostri fratelli d’armi.

La nostra città devastata da tre anni dall’armata Pie—montese ed Austriaca, si applicò intrinsecamente a provvedere la vostra armata di grano, di foraggio, di carne e di bosco, non conterete voi questo genere di provvisione più vantaggioso che l’oro e l’argento?

Non riguarderete voi questa provvisione come un esatto sovrabbondante compimento al contributo?

Cittadini, la nostra città riclama all’umanità della nazione francese, questa che ambisce di sollevare dall’infelicità i popoli che la ricevono soffrirà il loro esterminio? Noi siamo pronti a rispondere alle requisizioni compatibili colle nostre forze.

Noi osiamo perciò di chiedere a voi cittadino generale, a voi cittadino commissario del Governo che vi degniate di commettere alla commissione militare di esaminare lo stato delle provviste, d’incontrarne l’importo sulla tassa [p. 286 modifica]delle contribuzioni che vi supplichiamo di moderare, con mandarle intanto di sospendere ogni atto esecutivo, ogni ulteriore requisizione.»

Nulla valsero questi richiami, si lasciò senza risposta il raccorso e si diede l’incarico di percepire le decretate imposte a certo Roicheran ex domenicano che si dimostrò esecutor fedele dei superiori comandi.

A queste vessazioni se ne aggiunse un’altra.

Certo Rubeau Corso fu incaricato di precettare bestiami tanto in Ceva che nei paesi circonvicini pel trasporto degli equipaggi ed attrezzi militari.

Si stabilì un parco per la raccolta e custodia di questo bestiame, di cui il Rubeau faceva mercato a proprio vantaggio senza darne conto ad alcuno. Scoperte le sue malversazioni, se ne fuggì da Ceva. Venne rimpiazzato da altro Corso per nome Chabot che si vantava cugino di Bonaparte, questi non la cedeva a Rubeau nelle estorsioni, e nelle trufferie a segno tale che fu arrestato e spedito a Milano, dove ottenne da Napoleone altri impieghi assai più lucrosi.

Intanto i soldati francesi desolavano le campagne appropriandosi il prodotto delle fatiche dei contadini che ne facevano alte lagnanze.

Il sindaco ricorse al generale Miollis perchè mettesse un qualche freno all’indisciplinata soldatesca, ed il generale rispose che gli era impossibile il contenerli, mentre gli rubarono persino i piccoli cannoni nella fortezza.

Non contenta questa sfrenata soldatesca di rubare nelle campagne e nelle case dei particolari, entrava persino nelle chiese, scassinava le cassette delle limosine, e portava persino le mani sacrileghe sui tabernacoli dove si conservava la Eucaristia.