Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XI

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CAPO XI.
Memorie Storiche dall’anno 1486
fino all’anno 1505.

Dopo la morte di Giovanni Hinderbachio eletto fu dal Capitolo con unanimi suffragi Vescovo di Trento li 30 Settembre dell’anno 1486 Udalrico de Frumsperg Canonico di Bressanone, di Frisinga, e di Augusta, e confermato dal Papa Innocenzo VIII. gli 11 Luglio 1488.

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Abbiamo detto più sopra, come la Repubblica veneta in virtù della pace di Cremona dell’anno 1441 teneva in suo potere la città e pretura di Riva, quantunque il Principe Vescovo di Trento non fosse punto intervenuto a quel trattato, nè mai acconsentito avesse alla cessione di Riva. Aveva inoltre la Repubblica veneta già dall’anno 1416 occupato il Castello di Lizzana, Roveredo ed altre terre della Valle Lagarina, e ciò parte in virtù del testamento di Gulielmo di Castelbarco, il quale, allorchè morisse senza prole l’unico suo figlio, aveva alla Repubblica lasciati tutti i suoi dominj, e parte in virtù di cessioni fattele da altri Signori di Castelbarco; ma questo testamento e queste cessioni non potevan dare alla Repubblica alcun giusto diritto di possedere le terre, che aveva occupate; perchè i Signori di Castelbarco le avevano ottenute a titolo di feudo per se solamente e pei loro figli maschi legittimamente discendenti, nè potevano in alcuna guisa disporne in pregiudizio de’ Principi Vescovi di Trento, che n’erano i diretti e sovrani Signori. La Repubblica aveva inoltre fin dall’anno 1440 occupato colle armi il Castello di Ponede con Nago e Torbole appartenenti ai Conti d’Arco, i quali molt’altre doglianze avevan pure contro la Repubblica per contrasti di confini co’ cittadini di Riva. I Conti d’Arco sperar non potendo dal Vescovo di Trento loro Signore alcun valido o bastante [p. 83 modifica]soccorso contro la Repubblica si rivolsero all’Arciduca Sigismondo d’Austria Conte del Tirolo, a cui fecero omaggio di tutti i loro feudi, e si professarono di lui vassalli prestandogli nelle consuete forme il giuramento di vassallaggio. Essi il pregarono quindi a voler difendere i loro diritti, e l’Arciduca imprese la loro difesa; ma veggendo che nulla si conchiudeva coi maneggi, si determinò in fine a muover guerra alla Repubblica, ed in questa determinazione della guerra convenne bentosto di buon grado il nostro Vescovo Udalrico a fine di ricuperare, se fosse possibile, e torre dalle mani de’ Veneti non solo la città e la pretura di Riva, ma Roveredo ancora e le altre terre, che avevano occupate nella Valle Lagarina. Si radunò quindi nel Trentino un esercito di dieci in dodici mila uomini, i quali il dì 23 d’Aprile 1487 vennero improvvisamente a porre il campo intorno a Roveredo. Difesero i Veneziani per qualche tempo la città, ma questa venne poscia in potere degli assedianti. Più lunga difesa fece il Castello, ma questo ancora dovette arrendersi il dì 30 Maggio. In questo mezzo i Veneziani avendo mandate nuove genti in rinforzo della loro armata formarono un ponte sull’Adige, e passatolo con parte delle truppe si distesero per la campagna di Mori. Seguirono allora tra le due armate alcuni combattimenti, e così passò il mese di Giugno, e buona parte di quello di Luglio, quando entrata [p. 84 modifica]nell’esercito alemanno la penuria de’ viveri, ed i soldati trovandosi mal soddisfatti delle loro paghe incominciarono a sbandarsi, ed a ritornare alle loro case. I Veneziani ripresero dopo di ciò il possesso della città e del castello di Roveredo, e cresciuto loro il coraggio per tale ritirata dell’inimico, Roberto da San Severino celebre capitano di quei tempi, ch’era divenuto supremo comandante dell’armata della Repubblica, propose a’ Provveditori veneti, che in essa trovavansi, di portare la guerra nel paese stesso de’ nemici, e di andare, profittando dell’opportunità del tempo, a porre il campo intorno a Trento. Dopo aver preso i due castelli di Nomi e della Pietra l’esercito veneto venne ad accamparsi nella pianura di Calliano. Pervenuta a Trento la notizia delle mosse de’ Veneziani si sparse il terrore nella città perchè sfornita di soldati e di tutto ciò che occorreva per sostenere un assedio. In questo frangente il Vescovo Udalrico si rivolse a Giorgio di Pietrapiana gentiluomo trentino, che avevasi già prima nelle guerre di Fiandra acquistata gran fama nell’armi. Egli dunque raccolse quel maggior numero, che fu possibile, di milizie trentine onde difendere, per quanto potesse, la città dagli assalti dell’armata inimica. D’un altro capitano di nome Federigo Kappeller, che in tal occasione si segnalò, fa menzione lo Statuto di Trento. Il dì 10 d’Agosto giunse in Trento l’avviso, che una partita de’ Veneziani si era distesa [p. 85 modifica]sino a Matarello, e che ivi sciolti e dispersi erano intenti solo a far prede. Fu quindi risolto di uscir fuori, e di dar addosso agli inimici. Erano in quella mattina giunti opportunamente dalle Giudicarie quattrocento Tedeschi, e uniti a questi circa seicento uomini della milizia trentina, si fece una sortita dalla città, e si venne improvvisamente alle spalle di quei Veneziani, che vagavano per le campagne di Matarello. Questi non aspettandosi una tal visita presi da spavento si diedero a fuggire verso il campo di Calliano. Gli inseguirono i Trentini nella lor fuga, e giunti que’ fuggitivi al loro campo sparsero in esso, come avvenir suole in somiglianti casi, il terrore credendo d’aver addosso un numeroso esercito d’inimici. Ognuno dunque ad altro allor non pensando che a salvarsi correva verso il ponte posto sull’Adige facendosi intanto da’ Trentini strage de’ fuggiaschi. Il generale Sanseverino montato a cavallo accorse in fretta per arrestare la fuga de’ suoi, e porli in ordinanza ma indarno, e giunto alla sponda dell’Adige fu quivi dalla calca di coloro, che vi si affollarono per guadagnare il ponte, sospinto nel fiume, dove restò miseramente affogato. Si ruppe poscia il ponte forse pel soverchio peso, di cui era aggravato, ed ai fuggitivi Veneziani per sottrarsi al ferro de’ Trentini altro scampo non restò che quello di gettarsi nel fiume per salvarsi a nuoto sull’opposta riva, ma la maggior parte restò [p. 86 modifica]sommersa dalla rapidità delle acque1. Il giorno appresso i nostri si recarono a spogliare il campo nemico in Calliano, e dopo lunghe ricerche avendo ritrovato il corpo di Roberto da Sanseverino fu questo trasportato in Trento, ove il Vescovo Principe Udalrico rispettando anche nell’inimico la virtù ordinò, che fosse onorevolmente sepolto nella Cattedrale, al quale fu poscia eretto un monumento colla sua effigie in marmo e con iscrizione, che anche oggidì vi si vede. Di questo memorabile avvenimento, di cui la principal gloria è dovuta al valoroso Giorgio de Pietrapiana, seguito li 10 Agosto 1487 si fa menzione nello Statuto di Trento (Lib. I. de Civil. cap. 107), ove si ordina, che nell’avvenire debbasi ogni anno nel giorno di S. Lorenzo, cioè nel dì 10 Agosto celebrarne solennemente la memoria, ed ove si dice, che tremila de’ nemici a cavallo uccisi furono dalle spade de’ nostri, e settemila restarono sommersi nelle acque.

Il Papa Innocenzo VIII., cui stava sommamente a cuore la concordia de’ Principi cristiani per opporre le loro forze alle armi de’ Turchi, s’interpose fervidamente tra l’Arciduca Sigismondo e la Repubblica veneta per indurre le parti belligeranti alla pace. Restò questa in effetto conchiusa li 13 Novembre dello stesso anno 1487 in Venezia, in virtù della quale le parti restarono in possesso di tutto quello, che possedevano prima della [p. 87 modifica]guerra. Continuarono dunque i Veneziani a possedere Roveredo e tutte le altre terre nella Valle Lagarina, come altresì Riva colle sue appartenenze fino al seguente secolo, in cui le perdettero per sempre, come vedremo a suo luogo.

Il nostro Vescovo Udalrico ottenne dall’Imperatore Federico III. nella stessa città di Trento li 21 Giugno 1489 la solenne investitura del suo Principato. Egli fabbricò con grande spesa un ponte di pietra sul fiume Lavis l’anno 1492, e ristaurò il Palazzo vescovile nella Valle di Fiemme, ove morì li 10 Agosto 1493. Il suo corpo fu trasportato in Trento, e sepolto nella Cattedrale, in cui posto fu al di lui sepolcro il seguente epitafio: Hic est ille Udalricus de Frumsperg non tam nobilitate generis, quam rebus gestis, et magnitudine animi insignis ....

Dopo la morte del Vescovo Udalrico de Frumsperg fu eletto dal Capitolo li 20 Agosto 1493 Udalrico de’ Signori di Liechtenstein. È notabile un privilegio, che leggesi nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ p. 169 conceduto dal Vescovo Udalrico de Liechtenstein l’anno 1499 «Augustino de Spinulis de Janua Magistro Artis Setariæ veniendi Tridentum, ibique una cum sua Familia et Operariis habitandi, et exercendi suam Artem, faciendo Pannos Sericeos, de Veluto, Damascenos, Cataninos, Rasos, Scendaliceos ....»

[p. 88 modifica]Il Vescovo Udalrico de Liechtenstein ristaurò il Castel Selva presso Levico, ove soleva recarsi nella stagione della state. Essendosi per la morte di Matteo di Castelbarco a lui devoluto l’immediato dominio di Castel Corno ossia della giurisdizione d’Isera, egli ne investì a titolo di feudo la propria famiglia de’ Signori di Liechtenstein, i quali possederono poi in virtù di tale investitura la giurisdizione d’Isera fino alla metà dello scorso secolo, in cui rimase estinta questa famiglia. Udalrico de Liechtenstein regnò tranquillamente per anni dodici, e mori li 16 Settembre 1505.