Meditazioni sulla economia politica con annotazioni/XVI
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§. XVI.
Dei Banchi pubblici.
I Banchi fanno l’effetto di raddoppiare quella massa di merce universale che ricevono, poichè resta nello Stato e la merce universale, e la di lei rappresentazione. Pare che adunque dovrebbero far accrescere i prezzi delle merci particolari; ma la rapida circolazione che introducono distribuendo il guadagno sopra un maggior numero di contratti, può non solamente impedire l’innalzamento del prezzo, ma anche ribassarlo colla moltiplicazione sempre maggiore de’ venditori, e così accrescendosi le compre, e le vendite, e le consumazioni interne si può accrescere in maggior proporzione l’annua riproduzione.
Se gl’interessi de’ Banchi pubblici fossero alti, questi farebbero il sommo male d'invitare i Cittadini a depositare su i Banchi il loro capitale, e abbandonare ogni industria. Il pericolo della mala fede produrebbe un buon effetto in quel caso, e a questo timor solo sarebbero debitrici l’agricoltura, e le arti di non essere affatto derelitte. Gli Stati talvolta, allorchè sono giunti alla corruzione, ricevono un bene da quei principj medesimi che gli hanno corrotti, e la moltiplicità dei cattivi principj produce per avventura l’effetto, che due principj distruttori e opposti si elidono scambievolmente. Tale sarebbe appunto questo, quando la dilapidazione usatasi del pubblico Erario avesse alienata la fiducia del popolo, si dovrebbero offrire interessi altissimi per avere gl’imprestiti, il che rovinerebbe l’industria se avesse effetto; ma la mala fede medesima della amministrazione, altro vizio pubblico, vi si opporrebbe, e l’effetto sarebbe o nullo, o debolissimo.
Gli Stati più vasti, che hanno un estero commercio colle più rimote nazioni, ricevono ricevono più bene che male dai debiti pubblici, sintanto che l’opinione del popolo non giunga a diffidare; ma gli Stati più ristretti e subalterni poco bene risentono dai Banchi pubblici, e quel poco comodo viene largamente contrappesato dall'annua perdita che fa l’erario per il peso degl’interessi; laonde nel primo caso conviene rivolger le mire a perpetuare il debito nazionale, e nel secondo a saldarlo coi mezzi più innocui che si può.
Annotazioni
S’è veduto ec. Le Cedole, o siano i Coupons; allorchè non portano interesse, accrescono la massa circolante del pegno delle cose, e della comune misura di esse, ch’è la moneta; e i buoni effetti fono costanti per tutto, ove è serbata la fede. Non so poi che questa fede pubblica sia più sicura, quando è confidata a un gran numero d’uomini, che hanno interesse a sostenerla: mentre si sono veduti fallire de’ Banchi in tutti i Governi sì Monarchici, che Aristocratici, e Democratici ec. e se ne sono veduti de’ dilapidati ancora, allorchè sono stati da mani private, e non sempre di Eroi, maneggiati, e diretti. È facile in un numero grande di Cittadini ritrovarne alcuni, che non hanno interesse di sostenere la fede del Banco, e che abbiano bastante cupidigia, e destrezza per fare il loro particolare, ch’è sempre disgiunto dal Pubblico bene. All’incontro il Sovrano ha sempre interesse di sostenerla, e sempre in lui ritrovasi condensato ogni pensiere, ed ogni cura del Pubblico bene, che non è mai disgiunto dal suo proprio e particolare. Dalle possibili vicende umane poi è superfluo il pensar da sottrarsi. L’Oceano ingoja le Navi, e le Isole, un terremoto distrugge le Città, una voragine abissa un Paese, un Autore fervido confonde e trasforma i principj dell’Economia politica, tenta una rivoluzione nello spirito degli uomini, e si delira.