Meditazioni sulla economia politica/XXXV

Metodo per fare utili riforme del tributo

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Metodo per fare utili riforme del tributo
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Poche sono le nazioni, nelle quali sia il tributo ridotto a questa semplicità di avere due sole percezioni, una su i fondi stabili, l’altra sulle dogane. Come mai potrà un abile ministro di finanza sciogliere quell’inviluppata rete di tanti tributi, e gabelle, e monipoli, che attraversano in ogni parte uno Stato, e legano le azioni de’ Cittadini? Il tributo, parte la più interessante ed irritabile del corpo politico, non può mai essere scomposto con violenza, e con impeto. Gli antichi sistemi delle finanze sono vecchie fabbriche formate gradatamente senza che una mente direttrice ne organizzasse il disegno; sono crollanti edificj che si sostengono a forza di puntelli, e lo smoverli tutti ad un tratto sarebbe lo stesso che cagionarne la rovina. Somma cautela vi vuole nello stendervi la mano, e conviene procedervi gradatamente, e più con tentativi che con ardite operazioni portarvi rimedio.

Si vedono ancora gli avanzi de’ metodi co’ quali si distribuiva il tributo ne’ secoli della passata barbarie. La ignorata Geometria non permetteva allora di immaginare la mappa o il catastro de’ fondi di una intera Provincia; quindi o si teneva per base la popolazione di ciascuna terra, e su di essa si distribuiva il censo, il quale colle guerre e colle pestilenze allora frequentissime in breve rendeva sproporzionatissima la ripartizione del carico che pure si voleva considerare immobile; ovvero si teneva per base la descrizione annua dei frutti raccolti, operazione dispendiosissima, odiosissima, e che collocava nell’arbitrio de’ commessi la tassazione. Questo secondo metodo è il più antico, e forse più conforme alle piccole idee di esattissima proporzione sia le annue facoltà e i pesi annui di ogni cittadino che non s’assoggettava a un costante peso sopra una incostante ricchezza. I tributi poi sulle mercanzie erano piuttosto pedaggi in origine di un tanto per ogni carro, o soma; indi si tassarono le merci colla proporzione di un tanto per cento del loro valore senz’alcuna idea di favorire, o di scostare più una merce che l’altra. Crebbero i pubblici bisogni a misura che s’incivilirono le società, e s’introdusse in Europa maggiore massa di merce universale; i piccoli Stati furono incorporati, e diminuendosi il sistema feudale l’Europa rimase divisa in pezzi grandi, e le guerre si fecero da armate numerose e stabilmente assoldate. I vizj de’ due catastri de’ fondi stabili e della tariffa non permisero di aggiugnere sopra di essi i nuovi pesi; quindi una creazione perenne di gabelle capricciosissime con mirabile fecondità s’immaginò ne’ due secoli precedenti singolarmente, per modo che una quantità di azioni innocenti anzi talora utili venne interdetta, si crearono nuovi delitti, si gettarono nel carcere i cittadini, nacque una nuova legislazione penale, una nuova lingua di gabelle; tale è il prospetto che le provincie d’Europa presentano alla riforma.

Suppongo che un ministro voglia ridurre la finanza alla semplicità di non avere che questi due soli tributi, dogane, e censo sulle terre. Qual sarà la strada per cui gradatamente potrà giugnere con sicurezza all’adempimento d’un progetto tanto benaugurato? Primieramente sarà da proscriversi il metodo di affittare la percezione del tributo singolarmente in masse grandi. Vi è già chi ha osservato essere la Amministrazione Regia quella di un Padre che dirigge gl’interessi di sua famiglia, ed oltre l’odio delle rapide fortune essere dannosi i grandi Appaltatori per le leggi che di riverbero sforzano a promulgare. Io credo di più che un contratto frapposto che limita la beneficenza del Sovrano e i bisogni del suo popolo sia direttamente nocivo ad ogni costituzione, e che pericoloso per la virtù de’ Magistrati sia un ammasso di ricchezze collocato presso di una compagnia avente perenne bisogno. Prenderà di mira alcun tributo de’ meno importanti, e de’ più odiosi che cadono sul contadino, e cominciando da quello lo abolirà, sostituendovi un proporzionato sopraccarico alle terre. Poi prenderà qualche consimile tributo che si paghi dagli artigiani, o dalle università de’ mestieri, o dalla negoziazione, e con un calcolo ben pensato vi sostituirà un accrescimento nella tariffa, o generalmente un tanto per cento, o particolarmente sopra alcuni capi che sieno più atti a sopportare maggior tributo. Poscia alternativamente ritornando ai tributi indiretti dell’agricoltura, quindi passando di nuovo alle merci gradatamente, anderà versando parte sulla porzione dominicale del terriere, e parte sulla tariffa. Così temporeggiando potrà egli medesimo veder gli effetti delle operazioni senza avventurare giammai la tranquillità pubblica, sulla quale inavvedutamente talvolta si fanno degli esperimenti troppo importanti. L’umanità non consente che s’impari l’anatomia sugli uomini vivi.

Preparerà utilmente la materia ad ogni salutare riforma il legislatore, se farà in modo che la nazione s’illumini ne’ suoi veri interessi, e ragioni sulla pubblica felicità. Una falsa politica regnò nel passato secolo, e i popoli s’impoverirono, e gli Erarj divennero oberati dai debiti, e i sovrani perdettero quella robustezza, e vigore che hanno riacquistata in tempi più felici. L’arte di reggere una nazione allora si definì l’arte di tenere gli uomini ubbidienti. Le tenebre del mistero coprivano tutti i pubblici affari. La popolazione, l’indole del Commercio le finanze d’uno Stato erano oggetti dei quali alcuni finanzieri conoscevano le parti, nessuno osava o poteva rimirarli sotto un punto di vista. La strada dei pubblici impieghi non era battuta se non colla diffidenza, e colla simulazione ai fianchi. Il Cielo ci accorda un secolo ben diverso! I Governi d’Europa generalmente fanno a gara per distruggere i mali ereditati da quella falsa politica. Si conosce, e si definisce l’arte di reggere un popolo quella di rianimarlo alla prosperità. Le verità annunziate da alcuni uomini privilegiati si sono generalmente sparse in Europa; sono queste salite al trono de’ benefici Sovrani, si sono scossi gl’ingegni, e coll’affritto reciproco si va diffondendo quest’elettricismo che rischiara gli oggetti relativi alla pubblica felicità; materia degna certamente delle meditazioni nostre più ancora di quello che lo sono le verità astratte, e i fenomeni della natura, e i fatti dell’antichità; confini troppo angusti, entro de’ quali si volle ristringere per lo passato l’impero della ragione.

Prova di quanto asserisco lo sono i libri pubblicati in questi ultimi tempi in ogni nazione, in ogni lingua sull’economia pubblica, sul Commercio, sul governo civile, sul tributo; libri nei quali con sicurezza, e con libertà gli autori hanno posto nelle mani del pubblico quegli arcani dei quali sarebbe stato un attentato solamente il parlare in altri tempi. Si è discusso e ridotto a problema, se i regolamenti e le leggi sopra alcuni oggetti pubblici sieno utili o no. Ognuno del popolo può instruirsi, può pensare, può avere la sua opinione; nè agli autori è accaduto verun male, anzi molti di essi furono rimeritati, e dalle loro opere giudicati degni de’ pubblici impieghi. L’abile ministro adunque fomenterà nel pubblico la curiosità d’instruirsi negli oggetti di finanza e di economia; ne fonderà delle cattedre, acciocchè nella instituzione della gioventù uomini illuminati le imprimano i veri principj motori della felicità pubblica; lascerà libero l’ingresso alle opere che versano su di queste utili materie: lascerà libera la stampa, col mezzo di cui ogni Cittadino possa decentemente e costumatamente manifestare le sue opinioni su i pubblici oggetti. In tal guisa dibattendosi in un liberale conflitto le opinioni su questa classe di oggetti, facilmente se ne schiudono ottime idee, e frammezzo ai sogni, e ai delirj germogliano talvolta dei semi utilissimi alla prosperità dello Stato.

Quanto più il pubblico sarà illuminato, tanto più sarà giusto estimatore delle beneficenze che emanano dal trono; docile alla ragione, grato alla sovrana provvidenza, non s’ascolterà sussurare fra un popolo colto quel maligno rumore, che fa impallidire talvolta il ministro appena stenda la mano per rimediare ai vecchi mali d’una società. I Sully, e i Colbert, sappiam dalle storie, quanto abbian dovuto lottare per molti anni.

Aggiungo a questo che quanto più il popolo sarà illuminato, tanto il sovrano sarà più sicuro che i ministri operino il bene dello Stato; poichè i magistrati quand’anche per sentimento non cercassero il ben pubblico, che è il bene del Principe, saranno tanto più costretti ad operare utilmente quanto più avranno aperti gli occhi i cittadini, e saranno essi accorti e intelligenti osservatori della loro condotta. Promovere adunque i lumi e la curiosità nelle materie di Finanza e di Commercio sarà sempre la preparazione migliore di tutte per cominciar le riforme.