Meditazioni sulla economia politica/XXI

Della Popolazione

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Il mezzo più sicuro per conoscere l’aumento dell’annua riproduzione in uno Stato si è l’accrescimento della popolazione. La specie umana come tutte le altre per organizzazione medesima tende a perpetuarsi, ed a moltiplicare. Talvolta i distruttori fenomeni della fisica, le inondazioni, i terremoti, i vulcani annientano le popolazioni. La corrispondenza dello stato sociale tra nazione e nazione comunica le malattie contagiose, e le guerre; l’attività medesima dell’industria cagiona la perdita dei naufragati, o periti per malattie, nelle lunghe navigazioni, e nelle viscere della terra, respirando l’aria nociva delle miniere. Ma nel corso ordinario delle cose, la natura umana tende a moltiplicare prodigiosamente; il che è stato posto in chiara luce da chi ha trattata profondamente questa materia. In ogni Stato adunque dove la popolazione o non s’aumenti, o lentamente s’aumenti, e non colla proporzione della naturale fecondità, convien dire che siavi tanto difetto di politica, quanta è la distanza da quello che è, a quello che dovrebb’essere: ammeno che, come dissi, non siavi qualche manifesta cagione straordinaria a cui attribuire quella porzione di sterilità. L’abitudine tiene talmente attaccato l’uomo e affezionato al suolo su cui nacque, che vi vogliono dei mali pesanti prima ch’ei sia spinto ad abbandonarlo, e la condizione delle nozze è tanto seducente, che ammeno che non siavi l’impossibilità di supplirne ai bisogni, ogni Cittadino vi viene guidato dalla medesima natura.

Ognuno facilmente comprende che la forza d’uno Stato deve misurarsi dal numero degli uomini che vi campano ben nodriti, e che quanto più uno Stato è popolato, tanto maggiori debbono essere le interne consumazioni; quanto maggiori son queste, tanto debb’essere animata l’annua riproduzione; conseguentemente dall’accrescimento, o diminuzione del popolo si conoscerà l’accrescimento, o la diminuzione della riproduzione annua; anzi essendo questa moltiplicazione una prova degli agi, e della sicurezza che trovano gli uomini nello Stato, essendo gli uni, e l’altra sempre inseparabili nelle società incivilite dall’industria animata, e dalla rapida circolazione, ne verrà, dico, in conseguenza che dall’accrescimento del popolo si conosca l’accrescimento dell’annua riproduzione, la quale più che la semplice esportazione annua è la misura della forza e prosperità dello Stato.

La misura della forza d’uno Stato o della prosperità di esso non è sempre l’accrescimento del travaglio, come è sembrato ad alcuni, poichè la riproduzione non è sempre proporzionata al travaglio; anzi in una nazione dove gli stromenti dell’agricoltura, e delle arti fossero meno perfetti e più grossolani, ivi il travaglio sarebbe maggiore, ma non perciò sarebbe accresciuta la riproduzione, o la ricchezza. Il problema dell’Economia politica si è accrescere al possibile l’annua riproduzione col minor possibile travaglio, ossia data la quantità di riproduzione ottenerla col minimo travaglio, data la quantità del travaglio ottenere la massima riproduzione; accrescere quanto più si può il travaglio e cavarne il massimo effetto di riproduzione. Dico poi che l’esportazione annua è una misura equivoca della forza e felicità di uno Stato; perchè si potrebbe acquistare nuovo popolo che dapprincipio colle sue consumazioni diminuisse l’esportazione annua; per lo che sarebbe possibile che si accrescesse il numero di nazionali, e si scemasse per qualche anno appunto perciò l’esportazione. È bensì vero che non sarebbe questo un acquisto di soda ricchezza nello Stato, se i nuovi consumatori non contribuissero ben presto alla riproduzione annua, ed in seguito cooperassero ad accrescere l’esportazione. Potrebb’anco accadere l’opposto, cioè che per qualche accidente scematosi il popolo, per alcun tempo si accrescesse l’annua esportazione. La sola esportazione adunque non è una norma sempre sicura dello Stato dell’annua riproduzione.