Mastro Titta, il boia di Roma/Capitolo XCIII

Capitolo novantatreesimo - Buona occasione di matrimonio

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Luigi Finocchi di Corneto possedeva una bellissima moglie della quale era estremamente geloso. E veramente la sua Geltrude non pareva tale da lasciarsi sfuggire le occasioni. Alla naturale leggiadria accoppiava uno spirito poco comune. Appartenente a buona famiglia vestiva con singolare eleganza ed aveva un gusto deciso per tutte le cose fini ed aggraziate. Questo suo carattere contrastava con quello del marito rozzo; superbo e refrattario a tutte quelle gentilezze della quale la sua Tuta non sapeva fare a meno.

Come mai si era unita una coppia così poco felicemente assortita?
La solita storia o quasi.
Tuta co’ suoi capriccetti si era procurata delle conseguenze, che avevano sortite le forme di un piccolo feto nelle sue giovani viscere. La madre avvertita in tempo si diede attorno per trovare un marito alla sua figliuola, il quale riparasse al momentaneo errore da lei commesso e legittimasse col matrimonio il nascituro.

Ma la condotta di Geltrude aveva già suscitato delle dicerie e non era tanto facile tenerle occulte in un piccolo paese, dove per la gente che non ha nulla a fare, una mosca che vola sul naso di un personaggio eminente assume l’importanza di un avvenimento.

Occorreva un uomo il quale non avesse l’abitudine di frequentare i suoi simili e di ascoltare i loro cicalecci. Quale miglior uomo di Luigi Finocchi, rozzo, ma denaroso, una specie di orso, che non se la faceva con nessuno?

La buona genitrice di Tuta essendo stata informata che egli aveva delle intenzioni coniugali e che la sua figliuola gli dava nel genio, si mise subito a giocar la partita. Innanzi tutto si trattò di persuadere Geltrude. E non sarebbe stato agevole compito, senza quel piccolo essere che incominciava già a dar segni di vita nell’alvo materno.

Tuta si mostrò ragionevole e l’affare fu tosto per questo lato reso possibile.
Rimaneva l’altra parte. E anche con quella non fu disagevole cosa il combinarlo.
Un’amica di Tuta si incaricò della bisogna. Conosceva il Finocchi ed aveva avuto de’ rapporti con lui. Con un pretesto qualunque andò a trovarlo e attaccato discorso, del più e del meno favellando, uscì a dirgli:

- Eh! Sor Giggi. Voi continuate a vivere come un orso, sempre solo?

- Meglio solo che male accompagnato - rispose il Finocchi.

- Si sa; ma un uomo prudente come voi trova presto modo di accompagnarsi bene, se vuole. Perché non prendete moglie?

- È un brutto affare, non si può prevedere dove si cascherà.

- Dunque non siete contrario in massima al matrimonio?

- Non ci ho mai pensato.

- Una bella e buona moglie è un dolce conforto, una compagnia utile e cara.

- Il difficile è appunto di trovarla bella e buona, due qualità che generalmente si escludono l’una l’altra.

- È difficile sicuro, ma non impossibile. Io per esempio mi impegnerei di trovarla.

- Voi?

- Perché no? Se non si è capaci di rendere un servizio ad un amico si è inutili a questo mondo. Conoscete le Montini?

- Quella vedova che ha una bella figliuola?

- Per l’appunto.

- Le conosco di lontana vista. Ma la ragazza mi pare una superba creatura.

- Buona e bella.

- Bella certamente; quanto al buona...

- Me ne faccio io mallevadrice: è una perla, una colombella, un giglio di purità e di candore.

- Chissà quali idee le frulleranno per il capo!

- Idee savie e positive.

- Lo credete?

- Altro che crederlo! Lo so per certa scienza. È stata educata da una madre, che, non faccio per dirlo, è come me: severa, rigida, intransigente. Oh! non ha frasche per la testa, Tuta.

- Si chiama Geltrude, lo so.

- Compare! O m’inganno o le avete messo già gli occhi addosso.

- Non posso dir questo. Ma la mi andrebbe.....

- A fagiolo, non è vero? Lasciate fare a me; se vi piace me ne incarico io.

- Sarà un buco nell’acqua. Una ragazza come quella vorrà un bellimbusto, un giovanotto elegante, per marito.

- Se v’accerto di no. Voi siete un uomo nel fiore dell’età, robusto, gagliardo.

- Sotto questi rapporti non temo rivali.

- Avete de’ quattrini molti.

- Grazie a Dio e la mia attività ho di che farmi lume sulla strada della vita.

- Non avrete delle esigenze impossibili.

- Per esempio?

- Geltrude è stata allevata civilmente; le dorrebbe di dover mutar vestiti.

- E chi glielo dice? Mi piace com’è. Perché dovrebbe mutarsi? Non sono gli scudi che mi mancano e vorrei coprirla d’oro e di gemme.

- Oh! Non esigerà tanto perché il padre ha lasciato poco e questo poco è andato squagliandosi. Dote non ne ha.

- Non ne cerco.

- Quanto alla madre...

- Se non le basta quello che le è rimasto, son pronto a farle un assegno.

- Non chiederà molto.

- In casa mia però non la voglio. Mio padre buon’anima sua, mi ha sempre detto: guardati dalle suocere.

- La madre di Tuta è una donna ammodo...

- No, no. Vade retro Satana! Non voglio suocere.

- Lasciatemi finire, compar Giggi.

- Finite pure, ma suocere in casa non ne prenderei per tutto l’oro del mondo.

- Dicevo che la Montini è una donna a modo e che per il bene della sua figliuola acconsentirà a staccarsi da lei.

- Alla buon’ora! Su questo terreno ci ritroviamo.

- Ne parlerò oggi stesso alla madre di Tuta.

- Vorrei che esploraste prima il sentimento della ragazza.

- Ci penso io non dubitate.

Il Finocchi si cacciò le mani nella tasca del panciotto, ne trasse due napoleoni d’oro e li fece scivolare nelle mani della compiacente comare dicendole:

- Queste per le prime spese. Il giorno delle nozze ne darò un paio di dozzine.

- Grazie compare. È affare fatto.