Malìa - Giudizi della Stampa/L'Arpa/7 Giugno 1893

L'Arpa/7 Giugno 1893

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L'Arpa Ehi! ch'al scusa

(Per la nota amena)
Bologna.

« Malìa , nuova opera maestro Frontini è caduta, non
ostante tre pezzi bissati, tredici chiamate autore... »

Queste parole furono telegrafate da Bologna alla Rivista teatrale melodrammatica e c’è da credere che se la siano intesi fra loro l’impiegato telegrafico e il proto della tipografia, perchè di primo acchito, — e anche ragionandoci sopra, — pare impossibile che Stefano Perotti, — corrispondente della Rivista, — che noi abbiamo il piacere di conoscere, creda che un’opera in tre atti, con tre pezzi bissati e con tredici chiamate all’autore possa cadere, come d’altra parte sembra impossibile che il direttore o il redattore capo del giornale non si siano accorti dell’errore in cui l’impiegato telegrafico era caduto.

A certe cose non è facile arrivare in fondo; ma così ad occhio e croce sembra che un malinteso ci debba essere a meno che non si sia convenuto, da ieri ad oggi, che il fischio debba servire a significare approvazione, l’applauso disapprovazione e le chiamate all’autore manifestino il maggior disprezzo per la musica e per chi l’ha composta.
Un’errore c’è senza dubbio perchè le rappresentazioni successive hanno avuto gli stessi applausi della prima, vi sono stati gli stessi pezzi ripetuti e il maestro è stato più e più volte chiamato al proscenio.

Anzi. — parlando sul serio, — alla seconda recita il successo è stato maggiore perchè il maestro Frontini da bravo chirurgo, ha operato qua e là alcuni tagli che hanno dato forma migliore ad alcuni pezzi quindi maggiore efficacia drammatica.
Abilissimo il taglio operato al finale del secondo atto, perchè tolte via quelle battute del coro e aggiunta una perorazione orchestrale Da ciò è risultato ancora più efficace l’imprecazione di Jana della quale la signora Leonilde Gabbi ha fatto una potente creazione.
La distinta artista che ha saputo divenire fin dalla prima recita l’idolo del nostro pubblico, ha dovuto ripetere ogni sera la preghiera del secondo atto, brano musicale maestrevolmente concepito e istrumentato e che è ampia dimostrazione del merito del compositore e dal valore dell’artista.

Nel primo atto sono state soppresse alcune battute di cadenza del coro e alcune altre cosette qua e là; ma il primo rimane sempre inferiore agli altri atti per la condotta scenica e più che altro perchè nessuno degli episodi che lo compongono trovano ragionevole svolgimento. V’è un non so che d’incerto e di frazionato, nel libretto e di ciò si risente naturalmente anche la musica.
Ad ogni modo lo ripetiamo, il maestro ha accettati i suggerimenti del pubblico e della critica e ha fatto benone, tanto bene che abbiamo piena convinzione che Malìa possa entrare in repertorio.

Nelle recite successive il tenore Marchi, impossessatosi ancor meglio della parte sua, ha ottenuti applausi al duetto con Jana e in altri punti dell’opera Anche il baritono Wigley ha migliorato di qualche poco l’interpretazione della parte di Cola alla quale però non si adattano, — bisogna convenirne, — né i mezzi vocali né l’indole dell’artista.
La signorina Malatesta ha dovuto ripetere ogni sera la canzone dei vendemmiatori nell’ultimo atto e si è mostrata buona interprete nel resto dell’opera.
Ottima come sempre la direzione del Podesti.
Ma il maggiore successo, lo ripetiamo, è stato per la sinora Gabbi, artista in tutta l’estensione del termine.