Lustrissimi: co' questo mormoriale
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Lustrissimi: co’ questo mormoriale[2]
V’addimando benigna perdonanza,[3]
Se ’gni fiasco de vino igni pietanza
4Non fussi stata robba pella quale.
Sibbè che pe’ nun èssece[4] abbonnanza
Come ce n’è più mejjo er carnovale,
O de pajja o de fieno[5], o bene o male,
8Tanto c’è stato da riempì la panza.
Ma già ve sento a dì: “Fior d’ogni pianta,
Pe’ la salita annàmo e pe’ la scénta,[6]
11Famo li sordi, e ’r berzitello[7] canta.„[8]
Mo sentiteme a mé: “Fiore de menta,
De pacenza co’ voi ce ne vò tanta,
14E buggiarà pe’ bbio chi ve contenta.„[8]
Note
- ↑ Per un pranzo di società al quale presiedè G. G. Belli, ed intervennero i letterati Perticari Giulio, Biondi Luigi, Tambroni Giuseppe, Borghesi Bartolomeo, Perticari Monti Teresa [Costanza voleva dire], De Romanis Filippo, etc. etc. [L’unica volta che il Perticari si trovò a Roma con la moglie Costanza, la qual è data come presente al pranzo, fu tra il novembre 1818 e i primi mesi del 1820, quando cioè,insieme col Biondi, col Tambroni, col Borghesi e con altri, egli fondò il Giornale Arcadico. Il sonetto dunque fu di certo scritto in quel tempo.]
- ↑ [Memoriale.]
- ↑ [Questa benigna perdonanza, come il Se e il Non che seguono, non è niente affatto romanesco; e rileggendolo più tardi il Belli doveva di certo sentirsi rizzare i capelli.]
- ↑ [Per non esserci, non essendoci.]
- ↑ [O de pajja o de fieno, basta er corpo sii pieno. Proverbio.]
- ↑ [Scesa.]
- ↑ [Il bel-zitello: il bellimbusto.]
- ↑ 8,0 8,1 [Credo che questi due stornelli siano realmente popolari.]