Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Lo scordarello Intestazione 7 settembre 2024 75% Da definire

Monziggnore, so' stato ferito Er chiacchierone
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LO SCORDARELLO.

     Di’, tt’aricordi ggnente, Fidirico,
Chi era quello ch’er mastro de scola,
Disce ch’a ttempi sui fesce sciriòla1
Ar Papa e lo trattò ccome nimmico?

     L’ho ssu la punta de la lingua dico,
Eppuro... Aspetta un po’, ffiniva in ola.
Andrea? no Andrea; ’na spesce de Nicola
Co’ un antro nome de casato antico.

     Cristo! sarà ddu’ ora che cce penzo!
Zitto, zitto ché vviè: Cola da... Cc....!
L’ho ttrovo, eccolo cqua: Ccola d’Arienzo.

     Sto Cola era ’na bbirba bbuggiarossa:
Co’ ttutto questo, io sciannerebbe a sguazzo2
Ch’ariarzassi3 la testa da la fossa.

4 giugno 1835.c


Note

  1. Tradì il, ecc. [Ciriòla: piccola anguilla, che con lo sgusciare facilmente di mano ha suggerito ai Romaneschi l’immagine dell’inganno e del tradimento.]
  2. [Ci anderei a sguazzo]: godrei, nuoterei nel piacere.
  3. Che rialzasse.