Lo schiavetto/Atto secondo/Scena IV

Atto secondo - Scena IV

../Scena III ../Scena V IncludiIntestazione 22 settembre 2009 75% Teatro

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Succiola, Schiavetto, Rondone

Succiola.
Oh? che domine sarà cotesto sguaiato? Poss’io morire dalle formiche manucata, s’in quest’otta i’ non fo dir di mene! Oh? che gente è cotesta?
Schiavetto.
O questa è una bella massarotta! Mi piace, da quello ch’io sono.
Succiola.
Saiviastrella col sale, cotesto è un bel colombaccio, non so se vada cercando la fava. Ohimène, come tutta mi ringalluzzo.
Rondone.
Uh uh? La cavalaccia ha veduta la biada, non è così, monna Ghita dalle poppe sudice?
Succiola.
Do’, zoppo spiritato, che ti sia fritto il fegato! Che ha’ tu detto? di’, sù, scarpello da intagliare i piè di’ bue.
Rondone.
Meglio era dire, da intagliare i piè di vacca, che con i vostri mi davi occasione di farmi eterno.
Schiavetto.
O bel contrasto.
Succiola.
Sa’ tu, che se non chiudi quella boccaccia fetida che ci cacherò dentro?
Rondone.
Do’, visaccio da venire a capo, che sì che sì, che ti do il taglio con le pugna?
Schiavetto.
Or sù, non più, dich’io!
Succiola.
Eh? Lasciate pur che m’uccelli. Vedete, egli l’ha errata a cotesta fiata. I’ son da Firenze e ho la lingua arrotata di fresco, dica pure, i’ so cicalare quanto lui.
Rondone.
E io holla pure or ora arrotata e datole di più il filo con la pietra da olio.
Succiola.
Or sù chetati, arrovelato! chetati, sudicio! chetati, baccelone! chetati, popon frasido! chetati, manico di pinco!
Rondone.
Oh? Vedi, adesso non ti risponderò, perché non t’ho intesa.
Schiavetto.
E madonna, non parlate seco, ch’è così burlevole, ma attendete a me.
Succiola.
S’è treschevole fiasi per sé, che, per monna Sandra, se mi fa infantastichire e infreneticare, si sarano raccozzati in mal punto. E credami che averà trovato sonaglio per la sua gatta.
Rondone.
O che scommunicati proverbi.
Succiola.
Iscomunicato se’ tu briccone, nato di becco.
Rondone.
O ruffiana poltrona, una pianellata, eh?
Succiola.
Che poltrona? To’ cotest’altra.
Schiavetto.
Ferma, ferma Rondone! Poni giù quella pianella.
Succiola.
Lasciatelo pur fare, cotesto bue selvatico. Che non mi stia a stranare, perché del sicuro cotestui la perderae.
Schiavetto.
Madonna, se voi lo conosceste, non v’adirereste seco, poi ch’egli è pazzo sperticato.
Rondone.
È verissimo. E pazzo pure è un mio fratello. Or ditemi, non darebbe a voi l’animo di cavargli il pazzo dal capo ?
Succiola.
Affé, ch’io t’ho per un pazzo vizioso e bene.
Rondone.
Tu se’ indovina, o furbetta, e che dite, non vi comincia a piacere questo mio umore? Crediate certo che a poco a poco v’entrerà, se vi slargate niente nel dovere.
Succiola.
Or sù non piue, l’intendi tu?
Schiavetto.
Madonna, crediate che farebbe rallegrar la mestizia istessa, ma mi piace che siete donna, che gli tiene (come si suol dire) il bacile alla barba.
Succiola.
Così potess’io tenergli la margherita al guindo ancora.
Rondone.
Do’, landra sfazzonata, intendo bene il parlar latino, sì?
Succiola.
Or sù, non andiamo dietro più a coteste frascherìe.
Schiavetto.
Via via, datemi la mano, terminiamo questa lite, entriamo nell’osteria, ché vi prometto, madonna Succiola, che gusto avrete in alloggiare questi virtuosi.
Rondone.
Or sù entriamo, entriamo, non si perda il tempo, in grazia io vi chiedo, anch’io rimetto ogni offesa.
Succiola.
Or sue, per vostro amore entriamo.
Rondone.
O che bello spasso! Per mia fé, ch’io non poteva desiderare il più felice! O ve’, che la malinconia non affligerà più Schiavetto? Voglio andare studiando modo novo di onorare costei con nove villanìe.